L'ottimista pensa che questo sia il migliore dei mondi possibili; il pessimista sa che e' vero.
Questa illustre citazione appartiene al fisico statunitense Robert Oppenheimer e mi è balenata tra la mente riflettendo sulla possibilità di immaginare la costruzione di un mondo migliore, che disegnandosi tra i flash della mia mente ha assunto il nome di Parresia.
Vi chiedete perché? Anzi per essere più precisi, cosa stia significare quel nome?
Beh il termine “parresia” fu coniato dai filosofi della retorica nella polis greca repubblicana e significa letteralmente “dire tutto”, dunque per estensione “libertà di parola”, o meglio “libertà di dire tutta la verità”, allo scopo, come precisa Foucault, di perseguire l’interesse sociale.
Da qui è facile evincere che nel mondo ideale sul quale fantasticavo, principio fondante ed inalienabile era la libertà d’espressione e d’informazione.
Certo che è un bel volo pindarico per chi come me risiede in questo malsano paese chiamato Italia, dove la libertà del pensiero è compressa dentro la morsa della reazionaria paura dell’innovazione da una parte e dei loschi interessi dall’altra.
Il leader stesso di Wikileaks, il sito/associazione d’informazione “fighting power” per eccellenza, l'australiano Julian Assange, ha affermato poco fa in un’intervista al mensile L’Espresso, che la situazione del nostro paese, per quanto concerne la completezza e libertà d’informazione, è seriamente preoccupante: se lo dice lui, ahimè, possiamo fidarci.
Ma proviamo a mettere il naso fuori dai confini del Bel Paese: la situazione è decisamente migliore? E non dico di prendere in esame i regimi dittatoriali dell’Africa o del Medioriente, o la dispotica e temuta Cina, ma le cosiddette grandi democrazie occidentali.
Anche lì, culla della civiltà moderna, secondo me la libertà d’espressione fa la fine dell’onestà di Giovenale: è lodata ma muore di freddo.
Oltre all’incombente controllo del potere politico ed alle vincolanti macchinazioni di quello economico, che domina incontrastato il mondo del commercio e della diffusione mediatica, secondo me il limite più grande alla libertà rimane la diffidenza negli altri e la paura che la loro espressione cancelli la nostra, che le loro opinioni siano obnubilanti per le nostre: in sostanza che la loro libertà sia d’ostacolo alla nostra.
Così imperversa dappertutto il mito della censura non solo nel campo dell’informazione ma anche in quello dell’arte! Io non ho mai creduto che “urlare” le proprie opinioni sia più efficace che spiegarle o porle per iscritto, il frastuono oscura i contenuti e li appiattisce nell’ombra della volgarità molto spesso.
Ma alcune idee in un certo qual modo “urlano” da sole quando sono espresse, il rumore dirompente è connaturale alla forza dei loro contenuti: non si può costringere un boato in un sibilo!
Ma dov’è il problema di esprimere idee, dov’è la pericolosità?!
La comunicazione d’idee è l’unico modo sano che ha una società per crescere. La tecnologia moderna, da molti demonizzata come la causa del degrado del mondo contemporaneo (degrado rispetto a cosa poi, non si sa…) ci ha fornito gli strumenti giusti per ampliare il potenziale della libera comunicazione, dunque della diffusione della cultura internazionalmente intesa.
Le recenti rivoluzioni contro i regimi dittatoriali dei paesi del nord-Africa sono state definite dagli stessi che e hanno combattute come le “Rivoluzioni dei social networks”. Sì perché comunicare su ampia scala, a velocità immediata,tramite Facebook, Twitter e blog vari è stato fondamentale per lacerare i veli di un potere autoritario che filtrava le informazioni secondo i suoi interessi ed opprimeva gli oppositori con la violenza.
Non voglio certo dire che basti un tweet per animare una ribellione, ma l’importanza del comunicare non va sottovalutata.
Nel mondo del quale vi dicevo, quello sul quale fantasticando ho iniziato a scrivere questo articolo, ognuno aveva la naturale predisposizione a dire ciò che pensava fosse giusto dire, esprimere ciò che credeva interessante, bello, degno di nota insomma.
Nessuno aveva la presunzione di possedere l’unica verità, quella giusta ed indiscutibile, ma semplicemente di porre in evidenza la propria verità, la propria idea senza dover temere le ripercussioni di nessuno Stato, di nessun sacro-ordine, di nessun gruppo sociale.
Non c’era spazio per l’autodafé imbastito dalla comunità in difesa dei dogmi di una morale dai fondamenti così fragili, da reggersi solo sui sottili pilastri dell’ipocrisia. Non c’era spazio per le ideologie imposte, inalterabili, ma solo per quelle create, in continua e mutevole evoluzione, che si nutrono di idee nuove e diverse, non ne sono spaventate e non tentano di sopprimerle.
Quanto è bello fantasticare alcune volte…
Quando si torna alla realtà purtroppo però si ha la sensazione di essersi appena svegliati da un magnifico sogno che si è dissolto per sempre.
Ma no, non voglio arrendermi a questa idea, come ci ricorda il Robertone nazionale, l’unico modo per realizzare i sogni è svegliarsi. Allora avanti apriamo gli occhi e soprattutto la mente, prima che Morfeo richiuda le porte lasciare aperte dall’ombra di Pindaro…
Adamantine Ego
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