mercoledì 27 marzo 2013

DJANGO SCATENATO = TARANTINO INCATENATO


Parlare dell'ultimo film di Tarantino non è più di attualità. Nemmeno a voler far riferimento al double di Christopher Waltz, che fa due su due con Tarantino e si aggiudica, per la seconda volta, il premio Oscar come migliore attore non protagonista. Fossimo stati attivi nei mesi dell'uscita ne avremmo sicuramente parlato in un post. Tuttavia credo valga comunque la pena di spendere due parole.
Non sto qui a scrivere la trama (andate su wikipedia, dite pure che vi mando io). Parto col dire che il film merita. Punto. Regia tecnicamente ineccepibile: d'altronde Tarantino incarna sia il grande artista fuori dagli schemi e visionario, tanto da anticipare i tempi, sia il primo della classe, tecnicamente parlando.
Questo mix letale di estro e preparazione lo hanno portato a riscrivere le regole del genere, di più, a inventarne uno nuovo di zecca. Talento a parte non si può non considerare il fatto che, fin dagli esordi, ha sempre, misteriosamente, avuto a disposizione fior fior di attori con cui lavorare, cosa che credo abbia un tantino agevolato la riuscita dei suoi indiscutibili capolavori.
E "Django" non vi fa eccezione, se pensiamo che prendono parte al film attori del calibro di Samuel L. Jackson, Leonardo Di Caprio, Jamie Foxx e Don Johnson... No, aspettate...Don Johnson no...
Colonna sonora di un certo Ennio, ma per lo più una lunga rapsodia di brani omaggi a classici del western ("He's the top of the West always cool, he's the best he keeps alive with his colt 45"...sinceri, dopo averla sentita non vi siete gasati anche voi?).
Ovviamente gli omaggi e citazioni tappezzano il film, come da sempre Tarantino ci ha abituato. Versante recitazione direi eccellente.
Parlare di Waltz lo reputo superfluo e comunque riduttivo, visto che della sua bravura come caratterista non ci sono dubbi, in separata sede toccherà spendere qualche parola sulla sua bravura come attore a tutto tondo. Jamie Foxx, beh, fratello nero macho senza dubbio credibile, non di più. E scordatevi il premio Oscar, che questo qui non sa neanche lui come lo ha vinto (o forse si?). Di Caprio è un altro che non va neanche commentato. Tanto di cappello e sempre più carisma. Stesso dicasi per Samuelino Jackson.
E Tarantino?
Se questo film ha vinto l'Oscar per la sceneggiatura un motivo ci sarà? 
Si un motivo c'è: l'Academy doveva farsi perdonare, a 20 anni di distanza, per non averlo dato ai tempi a "Reservoir Dogs".
Non è per voler essere troppo cattivi, semplicemente siamo di fronte ad un bel film, niente di più. Che poi ci sia, ultimamente, una moria di film ad alto budget che valgano, questo si. Ma siamo lontani anni luce, ad opinione di chi scrive, dal Tarantino grandioso degli esordi.
Lo stile ormai è quello. 
Ciò che cambia in Tarantino, direi in peggio, è il coraggio.
Ormai affermato ed idolatrato, come quasi sempre succede coi grandi, si è adagiato sul consueto canovaccio. Dove prima osava e stupiva ora ripropone, in salsa deliziosa, ci mancherebbe che dicessi il contrario, le stesse situazioni, con gli stessi modi e tempi.
Questo è un Tarantino incatenato, incatenato allo spettatore suo fan, del quale sente il dovere di soddisfare le aspettative. Laddove prima mirasse a destabilizzare e stupire ora mira a compiacere e divertire. Ne sono la prova l'esasperazione degli elementi cardine del cinema tarantiniano: pensate solo a quanto, in questo film, siano dilatate le pause o dialoghi. Quanto sia accentuato il sarcasmo, anima dei suoi film, e quanto siano sempre più manieristiche le performance che pretende per i suoi personaggi. Un film di due ore più mezza, quest'ultima totalmente pleonastica e tautologica, in poche parole inutile.
Perciò, se si vuole godere di qualche ora di intrattenimento, magistralmente architettato e splendidamente confezionato, lo consiglio vivamente.
Chi invece cerca Mr. Brown non lo troverà.
E forse non ci sarà mai più...

Habemus Judicium:

Bob Harris