sabato 12 marzo 2011

DANNY POP: "127 ORE"

«Adesso ho tutto chiaro, sono io, l'ho scelto io, questa roccia è stata qui ad aspettarmi per tutta la vita, tutta la sua esistenza, fin da quando era solo un meteorite, un milione, un miliardo di anni fa, lassù nello spazio, ha aspettato di venire qui, proprio, proprio qui, per tutta la vita sono andato verso di lei, da quanto sono nato ogni mio respiro, ogni mia azione mi ha guidato fin dentro questa crepa sulla superficie della terra »
-Aron-


Pop. Una parola per descrivere un artista: Danny Boyle
Il regista di Manchester ha fatto fortuna grazie al suo stile sensibile alla cultura di massa, brillante e ipercinetico. La consacrazione è arrivata ufficialmente con "The Millionaire", fruttatogli 8 premi Oscar, ma di quelli che contano (tra cui miglior film e miglior regia).
Dopo aver sbancato il Kodak Theatre di Los Angeles, a 2 anni di distanza, Boyle decide di rilanciare con un progetto sulla carta assai bizzarro: la storia di Aron Ralston, ingegnere meccanico appassionato di trekking, che si ritrovò, durante l'escursione nel Blue John Canyon nello Utah, con un braccio bloccato da una roccia all'interno di una crepa del canyon e che, per salvarsi, dopo essere stato cinque giorni intrappolato, decide di tagliarselo.
Di per sé la vicenda, nonostante assuma dei risvolti gore nel suo sviluppo, non sembrerebbe offrire materiale sufficiente per potervi fare un film sopra. E comunque grande era il rischio di trascinare lo spettatore nella noia più totale, distogliendolo dall'immedesimarsi con il protagonista, cosa che avrebbe impedito di trasmettergli il grande messaggio di vita che sta alla base dell'opera. 
Per questo trasporre su schermo il libro di Aron Ralston "Between a Rock and a Hard Place" sembrava una vera e propria sfida. Sfida che alcuni registi avrebbero sicuramente accettato, ma credo pochi di quelli con una statuetta in tasca, specie se freschi di vittoria.
Boyle, si mette alla prova, dimostrandoci quanto sia eclettico nell'affrontare i temi più disparati, pur mantenendo il suo stile inconfondibile (roba da Polanski...).
Risultato? Ci riesce alla grande!
Come? innanzitutto imposta il film come una sfida di sopravvivenza e ciò è chiaro fin dal trailer. Una vicenda che presenta dei momenti tragici viene invece affrontata con la giusta vivacità e il personaggio di Aron è caratterizzato come un tipo cool, un outsider che preferisce la natura ai parties, cosa che lo rende ancora più figo. Non mancano momenti che suscitano emotività, soprattutto quando Aron si rende conto che la sua vita è appesa ad un filo e probabilmente non rivedrà più i suoi cari. 
Ma il tutto è alleggerito da momenti brillanti, anche nel dramma (il finto programma radiofonico inscenato da Aron, in cui ironizza sulla sua condizione e sulla sua imprudenza) e scene cult (Aron riguarda il video insieme a due escursioniste girato con la videocamera e prova a masturbarsi in quella situazione estrema, con ovvi scarsi risultati). 
Ma ciò che rende il film interessante sono le inquadrature di Boyle. Roba da videoclip. 
I primissimi piani su un grande James Franco, bravissimo a reggere la parte, giocata tutta sulla mimica facciale, il focalizzarsi sui dettagli, sugli oggetti che Aron ha a disposizione; tutto ciò permette allo spettatore di concentrarsi  sull'ambiente e sull'azione, resa anche più piacevole da alcuni virtuosismi (rallenty e  divisione di più scene nella stessa inquadratura). La sensazione è di stare lì con lui, intrappolati in quel canyon. E non si risparmia nemmeno di mostrarci le scene esplicite, difficili da digerire anche per i meno schizzinosi, ricordandoci che Boyle è stato regista anche di film horror ("28 Giorni Dopo").
La tensione va in crescendo e, nonostante il ritmo sia troppo spezzettato da flashback, allucinazioni e visioni passate e future (beh, comunque in qualche modo bisognava ovviare alla mono-ambientazione), si giunge al momento liberatorio (sia per Aron che per lo spettatore) che porta con se un messaggio forte e chiaro: "127 ore" è un inno alla vita e alla natura (e non è caso che ho deciso di vedere "Into The Wild (Link)" dopo aver visto questo film).   
Da vedere.

Habemus Judicium:
Bob Harris

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