«Sorridi, e il mondo sorriderà con te. Piangi, e piangerai da solo»
Non so quanto Park Chan Wook si sia ispirato a David Fincher e Tarantino nel realizzare "Old Boy". Ma la sensazione, a film finito, è quella di aver assistito ad uno strano incrocio fra "Kill Bill" e "Seven".
"Old Boy" è un thriller coreano dalle tinte estremamente torbide, che si rivela una vera e propria tragedia greca. E proprio questo riferimento classico appare evidente nel rapporto fra i personaggi e nel tema dell'inevitabilità del peccato.
La trama è semplice: Oh Dae-su è un uomo come tanti, con la sua bella famiglia, una moglie e una figlia. Improvvisamente e inspiegabilmente viene rapito e recluso 15 anni nella stanza di un palazzo. Proprio quando sta per mettere in atto un piano di fuga, viene liberato dai suoi carcerieri; una volta fuori scopre che sua moglie è stata uccisa, lui è accusato dell' omicidio e la figlia è stata data in adozione. Viene da sé che l'uomo deciderà di vendicarsi di colui che gli ha distrutto la vita, Woo Jin.
"Old Boy", dopo la sua uscita ha suscitato molto clamore. Vuoi perché associato a Tarantino, dal quale riprende violenza stilosa (divertente il lungo piano sequenza di Dae-su che combatte con un martello circondato da un gran numero di uomini in uno stretto corridoio); vuoi per la moda, al momento dell'uscita, dei film orientali tendenti al thriller/horror; vuoi per una concezione voyeuristica della violenza che si denota in alcune scene d'impatto (considerazione oggi fiaccata dai successivi e ben più violenti torture porn come "SAW"[LINK] e "Hostel"[LINK]).
Ma è giusto il clamore e le tante chiacchiere che si sono fatte su questo film?
La risposta è si, "Old Boy" ha molte frecce al suo arco.
Ciò vale per le interpretazioni degli attori, per il comparto visivo. Ma i punti forti solo altri.
C'è la costruzione narrativa, tutta fondata sulla catena crimine espiazione, un cammino che assurge a paradosso, ribaltando il pensiero dello spettatore: non è possibile alcuna espiazione, l'unica porta che si può aprire è rimorso, vero tema centrale dell'opera.
Poi c'è un elemento squisitamente culturale.
"Old Boy" ci pone dinnanzi al mondo orientale, ad atteggiamenti, gestualità e gusti così distanti e stranianti per noi; e ciò si acutizza nelle fantasie di dominazione e nella concessione di sottomissione al proprio padrone (perfettamente rese dalle inquadrature dal basso che non ci mostrano il viso del domino), che si riverseranno tanto sul protagonista, quanto su una figura femminile fortemente tipizzata.
Siamo dinnanzi ad un'opera di sicuro fascino.
Ovviamente la visione è consigliata.
"Old Boy" è un thriller coreano dalle tinte estremamente torbide, che si rivela una vera e propria tragedia greca. E proprio questo riferimento classico appare evidente nel rapporto fra i personaggi e nel tema dell'inevitabilità del peccato.
La trama è semplice: Oh Dae-su è un uomo come tanti, con la sua bella famiglia, una moglie e una figlia. Improvvisamente e inspiegabilmente viene rapito e recluso 15 anni nella stanza di un palazzo. Proprio quando sta per mettere in atto un piano di fuga, viene liberato dai suoi carcerieri; una volta fuori scopre che sua moglie è stata uccisa, lui è accusato dell' omicidio e la figlia è stata data in adozione. Viene da sé che l'uomo deciderà di vendicarsi di colui che gli ha distrutto la vita, Woo Jin.
"Old Boy", dopo la sua uscita ha suscitato molto clamore. Vuoi perché associato a Tarantino, dal quale riprende violenza stilosa (divertente il lungo piano sequenza di Dae-su che combatte con un martello circondato da un gran numero di uomini in uno stretto corridoio); vuoi per la moda, al momento dell'uscita, dei film orientali tendenti al thriller/horror; vuoi per una concezione voyeuristica della violenza che si denota in alcune scene d'impatto (considerazione oggi fiaccata dai successivi e ben più violenti torture porn come "SAW"[LINK] e "Hostel"[LINK]).
Ma è giusto il clamore e le tante chiacchiere che si sono fatte su questo film?
La risposta è si, "Old Boy" ha molte frecce al suo arco.
Ciò vale per le interpretazioni degli attori, per il comparto visivo. Ma i punti forti solo altri.
C'è la costruzione narrativa, tutta fondata sulla catena crimine espiazione, un cammino che assurge a paradosso, ribaltando il pensiero dello spettatore: non è possibile alcuna espiazione, l'unica porta che si può aprire è rimorso, vero tema centrale dell'opera.
Poi c'è un elemento squisitamente culturale.
"Old Boy" ci pone dinnanzi al mondo orientale, ad atteggiamenti, gestualità e gusti così distanti e stranianti per noi; e ciò si acutizza nelle fantasie di dominazione e nella concessione di sottomissione al proprio padrone (perfettamente rese dalle inquadrature dal basso che non ci mostrano il viso del domino), che si riverseranno tanto sul protagonista, quanto su una figura femminile fortemente tipizzata.
Siamo dinnanzi ad un'opera di sicuro fascino.
Ovviamente la visione è consigliata.
Bob Harris
sinceramente non lo conoscevo;penso proprio che me lo andrò a vedere.mi hai incuriosito.
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