giovedì 30 giugno 2011

"LONDON BOULEVARD" (2010): UN FILM DAL GUSTO BRIT DESTINATO A DIVENIRE UN CULT

TramaMitchell si è fatto tre anni in bottega per aggressione aggravata. Uscito di prigione viene ricontattato da un criminale da strapazzo, quel Coglione di Billy, ma lui proprio non ha intenzione di rientrare nel giro. L'ancora di salvezza potrebbe essere l'incarico ad egli affidato di proteggere una giovane attrice (interpretata da Keira Knightley) decisa a ritirarsi dal mondo del cinema. Mitchell dovrà fare i conti col boss Gant, per nulla rassegnato alla sua scelta.

Devo confessarvelo: amo tutto ciò che riguarda la cultura british e gioisco consapevolmente del fatto che il cinema contemporaneo dipenda dagli artisti britannici. Basti prestare attenzione alle nazionalità degli attori considerati, ad oggi, più talentuosi, per capire che abbiamo subito, e stiamo subendo, un ondata di dominio britannicaE diciamolo è una bella novità dopo decenni di egemonia a stelle e strisce.
Di questa schiera fa parte il protagonista della pellicola che vado a recensire: parlo di Colin Farrell e del film "London Boulevard". 
Il film è diretto dallo sceneggiatore di "The Departed", William Monahan, alla sua prima regia ed il titolo cita il "Sunset Boulevard" del genio Billy Wilder. Non solo, ne ripercorre anche il  plot.
Le linee guida della trama si ricollegano al tema portante del percorso interiore ed esistenziale di Mitchell, terribilmente simile al personaggio interpretato dallo stesso Farrell in "In Bruges". Trovata l'analogia di caratteri, se ne trovano molte per i temi e le dinamiche del film che strizzano l'occhio a opere come "Carlito's Way". Insomma stiamo sempre parlando della storia del criminale che intende lasciare il giro, ma che dovrà scontrarsi con la realtà dei fatti: un criminale lo è per sempre e non avrà mai nessuna possibilità di smettere di esserlo. 
Di più, "London Boulevard" sembra ricalcare pedissequamente la trama di "The Pusher" quando, nello scontro con una malavita rappresentata dal boss di turno da cui prima tentava di fuggire, il protagonista si renderà conto che non solo dovrà affrontare faccia a faccia i suoi ostacoli, ma che raggiungerà un limite da cui non potrà più tornare indietro. Niente mezze misure: l'XXXX di Daniel Craig, così come il Mitchell di Farrell, dovranno scegliere se soccombere al potere dominante o assurgere essi stessi al rango di tale potere.
E tutto si muove con sullo sfondo una Londra che sa essere  degradata, buia, turpe e grigia come i quartieri più popolari, patinata e fashion come i locali frequentati dall'attrice. Un plauso alla fotografia variopinta che rende al meglio tutto ciò.
Lo stesso possiamo dirlo per le musiche indie-rock, come da migliore tradizione, la cui composizione è stata affidata a Sergio Pizzorno dei Kasabian. Piacevoli da ascoltare, danno una marcia in più al film e forniscono un gran contributo per creare quel clima brit tanto ricercato. La stessa scelta degli attori serve tale causa: a partire dal fatto che sono tutti di origine britannica.  
Colin Farrell rispecchia a pieno il carattere d'oltremanica ed è convincente nella parte assegnatagli. Ma soprattutto dimostra di avere le fisique du role per interpretare un criminale tormentato e redento. Ma in fondo, per chi avesse visto "In Bruges", non c'erano dubbi. Un bel dittico interpretativo, complimenti a lui, che si è saputo riprendere dal ruolo patetico dell' "Alexander" di Oliver Stone
Di Keira Kinghtley che dire? 
Non gradisco l'attrice ed in questo film risulta totalmente insipida. Anche lo script non facilita la sua prova e la costringe a defilarsi da un ruolo potenzialmente di spessore; in conclusione regge la parte, seppur non nel migliore dei modi, al collega Farrell.
Menzione d'onore a Ray Winstone nella parte di un memorabile Gant: personaggio sadico e brillante, logorroico ed ossessivo, omosessuale e spietato. Ben connotato e stilisticamente originale, cita il Jules di "Pulp Fiction" nei suoi monologhi (qui sotto forma di aneddoto) che precedono un omicidio.
"London Boulevard" è una divertente e piacevole gangster story, che non rinuncia ad una fase introspettiva da cinema d'autore, esteticamente accattivante e, nel complesso, ben recitato e ben diretto. 
Un cult assicurato. 
Godetevelo.

Habemus Judicium:


Bob Harris

2 commenti:

  1. Mi trovo completamente d'accordo, come te, anche io amo il filone brit. Questo film in particolare l'ho trovato carino ma non ho apprezzato particolarmente la presenza della Kinghtley e di Farrell, che me l'hanno fatto un pò cadere, non sono attori famosi per la loro espressività e il loro talento recitativo, lo sono più per il loro aspetto. Mi sembrava di guardare 2 bei cassonetti.

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  2. Keira Kinghtley la ritengo irritante nella sua ricerca di un'espressività che almeno per ora non le riesce. Mi trovo in disaccordo su Farrell: potrebbe dare l'idea di attore inespressivo, tuttavia lo ritengo un mago del minimalismo, dote apprezzata in quel di Hollywood (giustamente...), non a caso ha deluso quando gli è stato richiesto di recitare in modo shakespeariano (vedi Alexander). Non brillerà per versatilità, ma nei ruoli a lui congeniali rende. Ma poi si sa, giudicare film e interpretazioni è cosa soggettiva!Al prossimo

    Bob

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