lunedì 5 novembre 2018

SPECIALE R&R (PARTE V): "NON VIOLENTATE JENNIFER-I SPIT ON YOUR GRAVE", OSSIA L'APICE DELLA VIOLENZA

Incipit: 
E' l'ottobre del 1974 e Zarchi è in macchina assieme ad un suo amico. Lungo il ciglio della strada vedono una ragazza: ha gli abiti strappati ed è coperto di sangue. Si stava recando ad un appuntamento con un amico dell'università, poi due uomini l'hanno assalita.
Zarchi e l'amico le prestano soccorso e, pensando di far la cosa giusta, decidono di portarla al vicino comando di polizia.
Il regista dovrà fare i conti con una seconda disumanità.
La ragazza ha una mascella rotta ed ha difficoltà a parlare. 
Il solerte poliziotto che prende il caso inizia ad interrogarla: vuole avere una risposta a tutte le sue domande. 
Per le cure mediche si troverà il tempo.
***
"Non Violentate Jennifer-I spit on your grave"(1978) di Meir Zarchi

«Mettiti nei miei panni, quello che ho fatto con te chiunque lo avrebbe fatto» 
-Jhonny il benzinaio

Un minorato mentale, due perdigiorno che infilzano coltelli nella terra ed un benzinaio. 
Il bowling rompe le palle dopo un po' ed al cinema c'è sempre il solito film. 
È una merda essere dei rednecks
Poi però il branco trova il progettino che può rompere la routine. Nel paese è arrivata Jennifer, una bella biondina di New York e, si sa, «da quelle parti le donne si vendono per un soldo». La tipa ha preso in affitto una casetta isolata lungo il fiume dove poter scrivere in tutta tranquillità il suo primo romanzo. 
Il branco ha spazio libero, si prepara e si lancia nello stupro. 
Ecco cari lettori, "I Spit on Your Grave" ci propina un'interminabile mezz'ora di disagio visivo: una violenza maschilista senza precedenti che umilia, massacra e lascia un copro inerme sul pavimento. Viene voglia di riempirsi i polmoni e gridare tutto l'orrore a cui si è dovuto assistere: "Non violentate Jennifer" non è un'opera cinematografica, è violenza un tanto al chilo. E' robetta tirata su solo per far scandalo ed assetare i palati sanguinolenti. 
O forse no? 
"I Spit on Your Grave" segue il canovaccio di molti suoi predecessori: la contrapposizione tra la gente di campagna e quella di città; l'autodeterminazione femminile; la contrapposizione tra il vecchio e nuovo; il conflitto tra le classi sociali. 
Ma "Non violentate Jennifer" è molto di più, è una degenerazione/esaltazione di tutti i suoi predecessori; e Zarchi osa a tal punto che il rischio di travisare il messaggio è dietro l'angolo. 
Torniamo a quella interminabile mezz'ora. 
La messa in scena è incredibilmente cruda e realistica
Manca ogni stacco sonoro che dia una almeno una parvenza cinematografica alle scene. Lo stesso si dica per la regia: Zarchi indugia sulle violenze con una telecamera fissa che pare esser rimasta accesa lì per caso. Lo spettatore diventa irrimediabilmente un voyeur che rimane invischiato nella melma che sta guardando. 
Il messaggio arriva forte e chiaro e non solo attraverso il comparto visivo. Basta pensare alle raggelanti parole che Zarchi mette in bocca al benzinaio Johnny: «mettiti nei miei panni, quello che ho fatto con te chiunque lo avrebbe fatto [...] fai credere ad un uomo che con te ci può provare [...] e un uomo è sempre un uomo.[...] mettevi in mostra le tue dannate gambe passeggiando avanti e indietro come fa una gatta».
Alcuni qui ci videro una qualche giustificazione alle violenze; ma la giustificazione non c'è e vedendo il film si fa davvero fatica a comprendere questa critica. I membri del branco sono descritti come animali che mirano solo a dominare il più debole. Le scusanti, che si affrettano a cercare i quattro, non sono altro che l'esercizio di un'insopportabile e più che palese retorica sessista. L'immedesimazione per lo spettatore è impossibile.
Ma "I Spit on your grave" non è solo una violenza senza precedenti; se così fosse il tutto si ridurrebbe in una corsa a chi fa il film più crudo, sconvolgente ed esibizionista.
La vera forza dell'opera sta nella seconda parte, nella ricomposizione psicologica e fisica di Jennifer, nel trovare la soluzione più grottesca e violenta possibile.
Zarchi qui ribalta la scena e stordisce lo spettatore: cambia il linguaggio cinematografico che si allontana dal crudo realismo; e con esso muta lo sguardo di Jennifer, divenuta la personificazione di un desiderio di vendetta femminista, fatto di adescamenti volutamente sopra le righe, perfetti per mostrare la nullità degli uomini che ha di fronte, ed evirazioni.
A fine visione ci si chiede dinnanzi a cosa ci si sia ritrovati.
E' così esagerato, gratuito e ragionato che si fa difficoltà a mettere a fuoco le idee.
L'unica certezza è che si è lontani anni luce dalle tante macellerie orrorifiche propinateci negli ultimi anni.
***
"I Spit on Your Grave"(2010) di Steven R. Monroe:
Sputare sul remake di "Non violentate Jennifer" sarebbe troppo facile. Ma, siccome le cose troppo facili ci piacciono perché sono lì a portata di mano come il telecomando, spareremo qualche colpetto sulla croce rossa. 
Anche questo "I spit on your grave" sconta il peccato originale di voler marciare sul clamore e la notorietà di una produzione vecchia come il cucco. Tra tutti gli inutili (o utili) remake di qualcosa, questo proprio non l'avevo considerato. A differenza mia, però, il triangolo è molto considerato dai mascalzoni campagnoli protagonisti di questa mutazione genetico-cinematografica. E quindi si ripeta la storia once again. 
C'è la scrittrice Jennifer, ci sono i giovani rednecks arrapati e poi, siccome sempre e comunque more of the same, c'è lo psyco sheriff. Chissà se Bob abbia immaginato, quando cantava "I shot the Sheriff", che avrebbe potuto impallinare lo sceriffo nel culo. Ma tant'è. 
Dicevamo del peccato originale: già perché "Non violentate Jennifer" traeva consistenza dal suo uso sperimentale della violenza brutale e sessista. Poco ci faceva la critica al bigottismo e all'ammorbante istinto animalesco provinciale. Fanculo era uno dei tanti. Ma quel freddo voyeurismo documentaristico no. 
Quella protratta e asettica rappresentazione di uno stupro di gruppo, straniante al vomito, era qualcosa di unico e impensabile. Il messaggio arrivava forte sul mento. 
Perciò togliamoci subito il sasso del confronto: questo remake spettacolarizza tutto, indugia in modo cinematografico, ma sempre nello stesso modo taglia, cuce e si intimidisce anche solo a mettere a fuoco il sesso della protagonista. Tutto lo scomodo fuori campo. 
I veri bigotti siete voi!
Detto ciò va preso a sé e valutato come film(etto). 
Spogliato della carica scenica (e quindi sociale) dell'originale, rimane un Rape and revenge girato malissimo, scritto da schifo e recitato peggio. Ma almeno sfrutta un po' il materiale da cui attinge a piene mani (e qualche sequenza). 
Nella prima mezz'ora è lo spettatore, in primis, che vorrebbe seviziare la protagonista (blocco di tufo espressivo), che corre da spastica, non esprime un concetto uno di senso compiuto e fa cadere vino, acqua e il cellulare nel cesso (geniale espediente). 
Poi la riunione dei campagnoli che l'hanno notata: il capo è un manzo che tipo ci guadagna lei, ma pare che lui voglia usare metodi più primitivi e svezzare il ritardato del gruppo (almeno il valore della solidarietà). Dopo il discorso motivazionale e una serie di avvisi scenografici alla giovane scrittrice, il branco entra in azione.
Il gruppetto indugia sadicamente nel preparare il misfatto (quale immedesimazione possibile di fronte a queste macchiette? Quale spietato ritratto sociale?) e, toh, lei scappa. 
Arriva guarda caso dalle parti dello sceriffo che, però, è il sadico per eccellenza. Violenza di gruppo, tentano di seccarla, ma lei si getta nel fiume. 
Passa un mese e Jennifer torna per vendicarsi. 
Come da copione ci riesce. 
Se dicevamo di una prima parte pudica rispetto all'originale, non si può che sgranare gli occhi per l'elevata quantità di scene gore della seconda tant'è che, a un certo punto, sembra di essere dentro l'ennesimo "Saw-L'enigmista" (e la collocazione temporale di questo remake mostra chiaramente come il film si sia rifugiato dietro la gonnella del brand arcinoto). 
Gli americani sono sempre stati così: vituperano il sesso e ostentano la violenza. Ma, tutto sommato, funzionano nell'innestare la vendetta su un' ingegnosa legge del contrappasso (tanto ormai siamo completamente fuori realismo). 
C'è poi da annotare l'aggiunta dell'elemento mediatico a dare un tocco in più al remake: Jennifer è stuprata e seviziata a favore di camera...Bell'aggiunta rispetto all'originale eh? No. Triste menata. 
Regia, due parole: se nell'originale il regista sembrava essersi dimenticato la telecamera accesa, in questo remake gli stacchi di scena sono così repentini e continui da indurre il mal di testa e smontare la tensione. 
E come non farsi mancare l'occasione di ciccare tutti i dialoghi e i tempi drammatici? E la vagonata di scene inutili e grossolane (quelle con la famiglia dello sceriffo ad esempio)? 
Se ci mettiamo un po' di intrattenimento gore di qua, un po' di ritmo di là e ci tappiamo (volentieri) un po' il naso, tutto sommato alla fine ci si arriva, magari con un leggero appagamento. 
Ma niente impatto.
Niente realismo.
Fateci il piacere, cambiategli il titolo.
***
Explicit: 
Rudimentale, esagerato, spesso fuori fuoco. 
Eppure il cinema americano degli anni '70, così ardito e sfrenato nel mostrare l'essenza perversa dell'animo umano, ce lo sogniamo di questi tempi. Ed il filone del Rape and Revenge è una perfetta cartina di tornasole.
C'era la voglia e la forza di di sperimentare, di superare i reticolati non (solo) per mostrare, ma anche e sopratutto per raccontare sé stessi e la società. 
Oggi seppur abituati a violenze cinematografiche ben più credibili e sempre più esposte ai nostri occhi, pensiamo a brand di successi come "Saw" e Hostel, è (quasi) impensabile trovare titoli che abbiano tanta forza. 
Nell'America puritana è lecito ostentare la violenza.
La sessualità la si butta tranquillamente sotto al tappeto. 

Bob Ft. Ismail

5 commenti:

  1. Il cinema degli anni 70 è stato rivoluzionario

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  2. E' vero, l'originale stordisce e lascia spiazzati. Ancora ho il dubbio se sia una menata incredibile o un gran film. Il remake mai sentito ma non mi sono perso nulla a quanto pare.
    Simone

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    Risposte
    1. Guardando la coda finale del film propenderei più per la seconda: "Non violentate Jennifer" è un gran film che supera la violenza gratuita.
      Il secondo sì, è 'na menata e basta.

      Ismail

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