lunedì 29 ottobre 2018

"DRIVE IN-LA TRILOGIA" DI JOE R. LANSDALE

«Dopo di che, i cadaveri dei giustiziati sono scomparsi più in fretta degli scrupoli di coscienza di un maniaco sessuale»

Ad un certo punto della lettura vi imbatterete in un mare di lamiere e fango, con tanto di cartello in entrata che vi darà il benvenuto: eccovi nella Città di Merda. Ai lettori che ci saranno giunti sarà ben chiaro di trovarsi dinnanzi ad un opera che è perfettamente sussumibile in questo termine: "Drive In" è una trilogia eccessiva, volgare, in alcuni momenti gratuita ed in altri quasi cervellotica, piena zeppa di quegli effettacci da Z-movie fatti di figuranti con tute da mostro adornate da zip sulla schiena in bella vista. Non c'è niente di più finto eppure tutto è tangibile: "Drive in" è una melma appiccicosa in cui si rimane invischiati.
Colui che condivide con me questo spazio della blogosfera, parlando di Takashi Miike ha scritto: «quando ci si interroga sul valore artistico della sua opera, bisogna scegliere, senza mezze misure, due estremi opposti: considerarla spazzatura o massima espressione dell'ingegno umano. [...] tutta la filmografia del regista corre sulla doppia lama degli opposti, senza che l'uno possa scindersi dall'altro: non potremmo prendere in considerazione l'idea di giudicare Miike un genio, senza parimenti considerarlo come un artigiano di pessimo gusto». 
Ecco, Miike è giapponese e Lansdale è texano, uno gira film l'altro scrive libri, sembrano avere poco da spartire tra di loro eppure per entrambi si possono utilizzare le stesse parole.
Ma chi è questo yankee dalla lingua lunga?
E' un patito delle arti marziali, questione di non proprio secondo piano che capirete nel corso della sua lettura. E' uno che scrive a ritmi incredibili, per farsi un'idea basta fare un salto su wikipedia: una quarantina di romanzi all'attivo, una mole di racconti che è impossibile solo contare e, giusto per non farsi mancare niente, qualche sceneggiatura ed una manciata di graphic novel. 
Lansdale è una bestia rara della letteratura contemporanea, uno che incuriosisce e sfugge da ogni etichetta, si muove libero tra i generi mescolando il classico con il moderno. Lo fa con un'entusiasmo ed un divertimento che si respira pagina dopo pagina. E, nel suo inventare, sguazza nel putrido, superando i confini del sentir comune: il richiamo dell'immagine di un feto usato come randello, che beccai in un suo breve racconto, credo possa bastare per far capire chi si ha di fronte. Ma attenzione, Lansdale non è un provocatore che impasta immagini schifiltose giusto per scandalizzare; o almeno non è solo questo.
Ma vediamo brevemente la trama del "Drive-in": quattro amici, Jack, Bob, Randy e Willard, decidono di trascorrere il loro venerdì sera all'Orbit, un drive-in che trasmetterà lungo tutta la notte 5 film horror: "Ho fatto a pezzi la mamma", "La casa", "La notte dei morti viventi", "Utensili per l'omicidio" e "Non aprite quella porta". Tra giovani che sgranocchiano pop corn sanguinolenti e coppiette che fanno saltellare auto, fa la sua comparsa una cometa rossa che sovrasta l'Orbit e pare sorridere ai presenti. Dopo il suo passaggio una materia oscura, solcata da fulmini blu, si staglia tutt'attorno al drive-in: chi prova ad oltrepassarla viene sciolto. 
In poche pagine l'incubo si fa realtà, ritrovandoci in una storia cadenzata da immagini post-apocalittiche, appellativi e massime irresistibili con cui il Nostro costruisce un non-sense (che poi tanto non-sense non è) tragicomico al quale difficilmente si può resistere.  Quello che accadrà nelle pagine a seguire avrà il sapore dell'incredibile.
Il "Drive-in" di Lansdale è un'opera profondamente cinematografica: lo è per le ambientazione, per le citazioni, per i twist che si ricorrono tra di loro.
Lo si percepisce nell'attenzione verso una piccola comunità alla cinema western, perfetto luogo d'analisi dei comportamenti umani.  Viene naturale immaginare, mentre si legge, le esplosioni di violenza ed i volti luridi di Leone e Peckinpah. Nella notte infinita e nelle individualità che si sciolgono nella massa, elementi che sembrano uscire direttamente dalle sequenze horror di Romero o dal neo-noir Carpenteriano. E che dire delle trasformazioni dei corpi, dell'immagine cine-televisiva che si fa reale e di una nuova chiesa catodica? Il "Videodrome" di Cronenberg sta dietro l'angolo. 
Ed in questo mash-up orrorifico si percepisce la migliore tradizione del romanzo di formazione con quella duplice propensione di vita/morte che J.R. portata alle estreme conseguenze. 
C'è la sua passione per il cinema ed una storia folle che è una e propria calamita per il lettore quindi; poi c'è il Texas (e gli U.S.A.) con il suo carico di contraddizioni, un mondo così profondamente cristiano eppure perennemente sul chi va là, timoroso verso tutto ciò che è estraneo, sempre pronto a comunicare a forza di colpi di fucile. 
Ecco il "Drive-in" è una cloaca colma di liquame, lo specchio di una società così progredita, così civile, così legata ad animaleschi istinti di predominazione. E' una letteratura orgogliosamente di serie B e perfida che nulla ha da invidiare ad ipotetici fratelli maggiori. 
Questa merda è un materiale quanto mai prezioso.

Habemus Judicium:
Ismail

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