lunedì 12 novembre 2018

MADE IN NETFLIX #3: "APOSTLE" DI GARETH EVANS

Netflix fa temere.
Fa temere l'eventualità che dia il via a una lunga serie di prodotti non scadenti, peggio: prodotti di qualità sì, ma tanto anonimi da essere di trascurabile e dimenticabile mediocrità. 
A dire il vero, che siano trascurabili, beh, pare proprio di no, dal momento in cui il colosso californiano è riuscito nel suo intento di conquistare le menti torpide del volgo cinetelevisivo casalingo, tanto da imboccare i fedeli abbonati a sciropparsi tutta una serie di produzioni poste in rilievo dalla piattaforma: due grafiche, un font accattivante e via con il binge watching (di sto cazzo).
Questo "Apostle" sembra avere tutte le caratteristiche del classico prodotto della piattaforma ammazza cinema: accattivante, dal cast interessante, poco pubblicizzato (se non su Netflix) e vuoto dentro. Ma vediamo.
Trama: un tizio, Thomas, si imbarca su un'isola abitata da una setta di invasatiofcourse (capitanata da Micheal Shannon) per salvare la sorella Jennifer, rapita dalla setta medesima allo scopo di estorcere soldi al ricco padre dei due. Poi sull'isola ci sono sermoni, omicidi brutali, passioni represse, misteri poco stimolanti e tanta voglia di menare le mani, mal celata.
Il regista Gareth Evans si è fatto conoscere per dei film d'azione indonesiani che hanno rivoluzionato il genere, per via della ventata innovativa nella costruzione delle scene action (si vedano "Merantau" ed i due "Raid"). Questo film, però, sembra mettere da parte le scazzottate a favore di una trama horror/thriller paranormale. 
Ho detto horror
Ma dove e quando? 
Non si costruisce la benché minima atmosfera horror e non è solo una questione di jump scares. Tutto il film sembra un accozzaglia di generi fusi tra loro in singole sequenze: si va dall'horror di poche poche scene verso 3/4 del film al thriller, passando per il dramma puro e l'action
Ebbene si, Gareth non si è dimenticato il piacere di far scazzottare allegramente i personaggi, perciò il terzo atto del film è un bel continuo di spintoni, coltelli, prese stile judo e tanto, tanto sangue. Il lato gore non difetta e più di una volta ci si troverà di fronte ad insistite e morbose inquadrature che appagano tale gusto. 
Per quanto riguarda il dramma non si va oltre il tema del sacrificio, e, seppur reso in modo formalmente impeccabile, lascia abbastanza indifferenti. Il punto è che la costruzione dei personaggi è assente: assente un qualsivoglia approfondimento psicologico (non basteranno mica due pillole da un lato o due bacetti dall'altro?), assente ancora di più un'interazione convincente tra i main charachters. 
Pare funzioni solo il personaggio di Malcolm, interpretato da Shannon: a lui si che è concessa qualche sfumatura psicologica degna di nota e, d'altro canto, il purissimo talento britannico riempie già di per sé la scena. 
Dicevamo dell'horror. 
Se questo voleva essere un film di mistero o di ambientazione orrorifica, non vi riesce minimamente: non c'è costruzione della tensione, non viene intessuto alcun mistero, tutto viene banalmente preannunciato o mostrato (quando non appare scontato di per sé); i due o tre momenti horror, invece, per quanto convincenti, sono alquanto estemporanei, questo perché il film apre troppi filoni per poi non riuscire a mantenerne saldo uno che sia uno in modo coerente dall'inizio alla fine. 
"Apostle" è un'accozzaglia di generi che sfocia in un epilogo in stile Gareth Evans. Ebbene sì è proprio quel tipo di prodotto insipido targato Netflix che frulla diversi ingredienti di qualità, per creare un piatto che può sembrare gustoso al primo assaggio, ma che non ha un sapore suo che lo distingua in modo particolare e risulta davvero poco incisivo in quanto esperienza visiva. Invochiamo il fuoco purificatore anche noi.

P.s.: Ma cazzo nel trailer si capisce già tutto!

Habemus Judicium:
Bob Harris

2 commenti:

  1. The Wicker Man + The Village + The Witch = Provaci ancora Netflix!

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    1. Un'operazione matematica perfetta, "Apostole" è esattamente questo!

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