Da "Der Fuehrer's Face" (1943) di Jack Kinney |
La sveglia che saluta romanamente. Croci uncinate che arredano ogni cosa. Paperino che dalla cassaforte tira fuori un chicco di caffè, si taglia del pane di legno e si gode una rapida lettura del Mein Kampf. Ma che succede al mondo Disney?
Servivano i quattrini semplice. In Europa, in pieno conflitto, non si potevano più esportare le produzioni cinematografiche ed il governo aveva bussato alle porte con una cassa piena di soldi. La proposta era semplice: si dovevano produrre cartoon che educassero gli americani alla guerra e che aiutassero a sconfiggere i nemici anche attraverso l'uso dei Mass Media. E quegli eroi disegnati, che le masse avevano imparato ad amare, erano perfetti.
Arrivano così i primi corti per rallegrare i militi al fronte. Per l'occasione i disegnatori prendono il personaggio più popolare, Paperino, gli affiancano una canaglia, Pietrone Gambadilegno, e lo piazzano all'interno di una base militare. Il risultato una lunga sequela di gag.
A farla da padrone è Jack King che firma alcune delle opere più celebri; "The Vanishing Private" (trad: "Il segreto Sparito"), distribuito nel corso del 1942, dove Paperino è alle prese con una vernice che rende invisibile gli oggetti e manda ai matti il sergente Gamba. L'anno successivo è la volta di "The Old Army Game" (trad: Il vecchio gioco delle armi") dove Pietrone andrà su tutte le furie per una fuga notturna dalla base militare del papero, il quale ritroveremo mutilato e con una pistola puntata sulla tempia in uno stato di delirio/disperazione; insomma non proprio la Disney a cui siamo abituati).
Sempre di Jack King è "Donald Gets Drafted" (Trad:"Paperino sotto le armi"), ossia come Paperino entrò nell'esercito. L'opera è di King è vero, ma l'influenza della mano di Carl Barks, ossia il padre dei paperi, è fortissima: scrive la sceneggiatura, firma il testo della canzone di apertura e disegna le ali di manifesti che Paperino vede lungo la strada mentre si reca all'ufficio di arruolamento.
Carl è un convinto pacifista. E' fermamente contrario all'intervento bellico degli States e non vede di buon occhio la virata militarista della Disney. E "Donald Gets Drafted" è lo specchio di ciò, un corto che deride apertamente la retorica e le politiche governative.
In scena viene portato lo scontro tra reale e sua rappresentazione. Da un lato, quei manifesti che promettono al soldato una vita glamour, fatta di onori, successi e belle donne. Dall'altro ciò che lo attende realmente: compiti ingrati ed un'insensata disciplina. Nel mezzo un'incredibile e divertente visita medica, in cui si vede quanto l'intento non fosse quello di valutare l'idoneità del soggetto quanto di accettare più reclute possibili.
Di tenore simile a questi lavori c'è "Private Pluto" (trad. "La recluta Pluto"), dove, durante l'addestramento militare del cane giallo, fanno la loro prima comparsa due odiose carognette: Cip e Ciop.
Si è in guerra è vero, ma questi lavori sono in pieno stile Disney: pieni di gag, bonari e mai con riferimenti troppo duri ed espliciti al clima che respirava in quei giorni.
Si intrattengono le truppe quindi, ma a cambiare è anche lo stile di vita dell'americano medio.
E chi può spiegarlo alla popolazione? Facile, il buon Pippo in "Victory Vehicles" ("I mezzi per vincere"), un coacervo di gag ed ironia, a firma Jack Kinney, uscito nelle sale il luglio del 1943.
L'antefatto è il razionamento di petrolio, gomma e metalli, ossia tutti quei materiali che erano fondamentali per l'industria bellica. Il risultato è un Pippo alla ricerca di infiniti modi alternativi con cui spostarsi nelle grandi città senza auto. Intendiamoci tutte idee stupide ed inutilizzabili, nel pieno stile del cane antropomorfizzato, che ci portano alla soluzione regina: il pogo-stick.
Anche qui la guerra è sfumata, e per di più, come accaduto con l'arruolamento di Paperino, si respira quell'ironia che sembra mettere alla berlina le scelte governative nonché gli stessi corti di propaganda.
Ben diversi nel tono sono "The New Spirit", "The Spirit of 43" ed "Out of the Frying Pan Into the Firing Line".
Nel primo è il papero per eccellenza a farla da padrone, quanto mai ritroso nel pagare le tasse.
Ma una radio gigante, quasi antropomorfizzata, gli ricorda che la nazione ha bisogno di lui, delle sue «tasse per battere l'Asse». Paperino si convince, esce di casa a velocità supersonica, con un turbinoso coast to coast, giunge a Washigton a dare la sua parte.
E questa roba funziona! Si stimarono circa 60 milioni di spettatori; e c'è di più, una buona fetta di quegli spettatori si convinsero dell'importanza di dare il proprio aiuto alla nazione attraverso il pagamento delle imposte. Bye Bye evasione!
Passa un anno ed il copione del '43 è quasi identico. Sempre Paperino a farla da padrone. Un mucchio di banconote in tasca ed ancora il dubbio: godersi i propri guadagni o risparmiare per poter fare la propria parte nella guerra?
Stavolta non c'è nessuna radio, bensì due personaggi a contenderselo. Da un lato un dandy che invita allo scialacquo. Dall'altro un risparmiatore in kilt che quando lo vidi la prima volta mi fece sobbalzare dalla sedia: quello è Zio Paperone, o perlomeno il suo archetipo, che muove i primi passi nel mondo dei paperi (la prima comparsa ufficiale dello Zione avverrà nel corso del 1947).
Paperino è indeciso, poi però sul volto del bellimbusto compaiono dei baffetti inconfondibili e capisce quale è la giusta strada da seguire. I due Spirit sono un'incessante sequela di battute: «cedere alle tentazioni o fare buone azioni»; «per ogni dollaro sottratto alle tasse perderai un pò di dignità»; ed ancora, «spendere per l'asse o risparmiare per le tasse...»?
Poi ci si ritrova catapultati in un finale a dir poco muscoloso.
Fabbriche operative notte e giorni, metalli che si fondono, altoforni, cannoni, incrociatori giapponesi colpiti ed affondati, cimiteri di aerei nazisti abbattuti e la 5a del Ludovico Van che fa capolino. Diamine. Una propaganda becera, sciovinista ed imperialista ma messa su dannatamente bene!
Ma la guerra interessa tutti, anche l'altra metà del cielo.
Ed ecco che in "Out of the Frying" a parlare alle casalinghe ci pensa Minnie (coadiuvata dallo scodinzolante Pluto); ci ricorda che il grasso da cucina non deve esser sprecato; ci mostra un'immagine bizzarra in cui questo viene versato in un imbuto e ne esce sotto forma di proiettile; ci spiega che questo contiene glicerina, e quindi è un' importante risorsa per dare una sonora pedata nelle terga ai nazisti ed aiutare anche il suo Topolino che vediamo in foto, sorridente, al fronte. Ed anche qui fa capolino la stessa potenza bellica incontrata in precedenza, fatta di cannoni che sparano per la libertà a non finire...
Va però detto che non tutti i corti nati in quel periodo si contraddistinguono per la qualità. Talvolta si ricicla roba vecchia; avviene con "All Togheter", una parata, o meglio un'accozzaglia di personaggi ritagliati da altri lavori ed incollati per invitare il pubblico ad acquisire i titoli di guerra canadesi; oppure "I tre porcellini" con un lupo nazistizzato ed i mattoni che si trasformano in solidi titoli di stato a stelle e strisce.
Ed in questo marasma creativo ci sono delle vere icone dei corti di propaganda.
Tra questi c'è "Der Fuehrer's Face" (1943), l'opera con cui abbiamo aperto questo post e con il quale Paperino si portò a casa il suo primo ed ultimo Oscar nel 1944. La Faccia del Fuhrer è da vedere ed avere per il suo valore artistico e storico, c'è poco da fare e dire.
Una piccola banda musicale irrompe nella scena. Si vede Hiroito. Mussolini alla grancassa. Goering che suona l'ottavino. Goebbels al trombone. Himmler al rullante.
Tutto è stereotipato, grottesco ed esilarante. Dalla marcetta anglo-tedesca che deride l'ideologia nazi-fascista ed il suo culto verso il capo, alle fattezze dei personaggi dai tratti esagerati, sino ai movimenti sincopati e astrusi (ah, quel tondeggiante Goering che sculetta sorridente). Tutto attorno un ambiente ornato da croci uncinate in cui anche gli animali si dilettano nel saluto romano.
E dopo la sveglia, si passa alla giornata giornata tipo di un Paperino alle dipendenze dell'industria bellica nazista, cadenzata da un'infinita catena di montaggio dove, tra un proiettile e l'altro, è costretto a vivere un slancio esilarante nei continui omaggi al Führer. Segue una ginnastica astrusa, perché si sa che il culto del corpo viene subito dopo quella del capo, ed il riposo dinnanzi ad un poster delle Alpi Bavaresi, capace di donare sempre grandi emozioni.
Inevitabilmente giunge l'alienazione, un'allucinazione potente che mette alle strette l'ideologia nazi-fascista e porta al risveglio nella più classica esibizione di patriottismo made in USA.
Divertente ed incisivo. E bravo il nostro papero, e bravo anche il regista Jack Kinney...
Ma la Disney decide di fare un ulteriore balzo in avanti: avvertire il pubblico delle tecniche di manipolazione adottate dai nazisti. Nasce così un'ideale trilogia sul tema.
E' il caso di "Reason and Emotion", uscito nell'agosto del 1943 e firmato da Bill Roberts (tra gli autori di "Dumbo", "Bambi" e "Fantasia", mica bruscolini). L' idea di base è geniale.
Veniamo catapultati nella mente di un pargoletto dove troviamo una sorta di abitacolo automobilistico, dotato di un volante e due posti a sedere. Al suo interno vivono due esserini. Alla guida c'è un omino distinto, occhialuto ed un po' secchione, ossia la Ragione; sul posto passeggero, sempre pronto a ribellarsi e prendere il comando, c'è un cavernicolo caciarone e godereccio, l'Emozione (nella versione femminile una nanerottola sexy tutte curve).
Pochi secondi e si viene catapultati nell'antenato di "Inside Out"...
Ma in "Reason and Emotion" non c'è solo fantasia, sorrisi e disimpegno.
Al centro del pensiero di ogni americano c'è la guerra, la paura portata da Perl Harbour, il timore di ritrovarsi un nemico, sino a ieri separato da un oceano, dentro casa. Ed «in questi tempi difficili, ci spiega il narratore, è importante più che mai il controllo del conflitto tra ragione ed emozione».
Ed ecco tornare la figura di Hitler, con la sua politica tutta tesa a far predominare l'emotività sulla ragione, attraverso il ricorso alla paura, l'odio e l'orgoglio ariano; una prospettiva in cui di intravede solo guerra e macerie. E quale sarebbe la via di fuga a questa sciagura? Semplice, mettere l'emotività al servizio della ragione, unire i due elementi per la lotta contro il nemico pubblico.
Nel dicembre del '43 tocca a "Chicken Little" (Trad. "Questione di Psicologia") parlare di manipolazione. La protagonista è una Volpe che, con l'aiuto di un libro di psicologia, cerca di far cadere in trappola un pulcino e rimediare così una prelibata cena. Il finale, nonostante il narratore ci rincuori sino ad un attimo prima, è più tetro che mai. La volpe irretisce l'intero il pollaio e si sbrana tutti. E per quale ragione i disegnatori avevano dato vita ad un corto con un finale così drammatico?
La risposta è semplice, la volpe simboleggia il nazismo. E ciò, nella prima fase di scrittura del soggetto, era ancor più evidente. Al posto del manuale di psicologia, ci sarebbe dovuto essere il Mein Kampf; a suggellare il finale drammatico si era optato per un cimitero militare con le svastiche al posto delle croci.
Ma il III Reich quando inizia ad interessarsi dei bambini tedeschi?
E' la domanda che si pone alla base di "Educazione alla morte", opera di Gregor Zimmer, educatore tedesco fuggito negli States prima che Hitler mettesse in pratica l'espansionismo territoriale.
Un saggio con interviste e commenti sul modello scolastico nazista, fatto di riti e rigida educazione. La più celebre inchiesta sul sistema educativo della Germania di Hitler, documento utilizzato anche durante il Processo di Norimberga.
E da questo spunto, il regista italo-americano Clyde Geronimi, gira "Education for Death", distribuito nel gennaio del 1943; il protagonista è il piccolo Hans, nato e cresciuto sotto la croce uncinata e del quale si seguono le sorti.
C'è lo humor, come ci si può aspettare da una produzione della Disney, datoci da una corpulenta Bella Addormentata wagneriana (la Germania), tratta in salvo da cavaliere senza macchie e senza paura (Hitler), che la toglie dalle grinfie di una perfida e rugosa strega (la Democrazia).
Ma il divertimento dura pochi attimi; il resto è plumbeo, scuro, a tratti asfissiante. Quel mix di paure e pessimismo, che negli altri lavori era stato arginato, in "Education for Death" diviene centrale, uno strumento di analisi attraverso cui si giunge ad una drammatica risposta: il regime si interessa dei bambini sin dal loro concepimento.
Vediamo così in successione i genitori del piccolo Hans recarsi da un tenebroso funzionario governativo; dover dimostrare la loro appartenenza alla razza ariana; scegliere uno dei nomi approvati dal governo per i nuovi nati; temere la deportazione del figlio a causa di una malattia che lo ha colpito. Seguiamo poi Hans a scuola, una situazione che corre lungo i binari del grottesco, dove apprende l'insegnamento principe: la prevaricazione sul più debole; poi i libri proibiti da Goebbels dati alle fiamme; le parate coreografiche; l'arrivo della maturità, l'Hans uomo trasformatosi in un perfetto automa depensante a servizio del regime, una macchina che ha come unico destino la morte e la devastazione.
"Education for Death" ha una potenza espressiva che, prima della visione, si fa fatica solo ad immaginare.
Ma non c'è solo la Disney a scendere in campo. Ci sta Braccio di Ferro che cerca di salvaguardare un carico di spinaci diretti via mare in Inghilterra, combattendo contro giapponesi fastidiosamente stereotipati.
Ci sono poi Bugs Bunny e soci che portano la loro follia nella lotta contro il nazismo.
In "Plane Daffy" (Trad. "Duffy all'attacco") l'anatroccolo nero dei Looney Toons, qui misogino per sua stessa ammissione, si propone per una missione: portare a destinazione un messaggio segreto importantissimo.
Chi ci ha provato prima di lui, il Piccione 13, è caduto tra le braccia di una fascinosa spia tedesca (la parodia di Mata Hari) che lo ha sedotto, drogato ed estorto il segreto che portava con sé. La fine del Piccione 13 è stata tragica, il suicidio, unica soluzione per il senso di vergogna provato.
Nonostante il suo odio verso l'universo femminile, anche Duffy cade nelle trame della bella spia riuscendo però, dopo una fuga in pieno stile Looney, ad inghiottire il messaggio.
La conclusione? Si scopre il messaggio («Hitler è una carogna») e la premiata ditta Goebbels/Goering muore suicida, davanti agli occhi divertiti dell'anatroccolo nero.
Sempre il buon vecchio Duffy è protagonista del divertentissimo "Commando Duck" (diretto dal solito Jack King), dove si prende gioco di un colonnello nazista che manda pazzi e si prende la briga di dare una martellata in testa allo stesso Hitler, intento a parlare di superiorità della razza in un comizio.
E che dire di "Ducktators" (agosto 1942)? Un corto folle!
In un pollaio due anatre (Hitler e Hiroito) ed un'oca (Mussolini) decidono di espandere il loro potere. Ci ritroviamo dinnanzi ai comizi dal balcone del Duce e a quelli carichi di pathos delirante di Hitler. Si deridono le loro movenze, gesti con cui si vuole rimarcare la stupidità delle loro idee e degli inetti che hanno deciso di seguirlo. Si corre così verso un finale caciarone, con botte da orbi ed un ritorno all'ordine rappresentato dalle teste dei tre trasformate in trofei di caccia (questa parte censurata nella versione distribuita in Italia). In coda segue il consueto invito all'acquisto i titoli di guerra.
I lunatici sono attivi tanto quanto i colleghi della Disney, mostrando però quella cattiveria connaturata al loro essere perennemente fumati e sopra le righe.
A volte ciò porta a risultati dubbi.
Un esempio? "Tokio Jokio" (maggio 1943).
Costruito nello stile del mockumentary, il regista Norman McCabe ci presenta una serie di situazioni con cui mette alla berlina il nemico giapponese.
Bene, come lo si può considerare? Un corto di livello infimo in cui emerge un becero razzismo nei confronti degli orientali? In alcuni passaggi è questa la sensazione che si prova.
Uno sguardo quanto mai perfido, in buona parte fondato su gag fisiche e pessimi giochi di parole.
I giapponesi sono più che mai stereotipati. Tutti bassi coi dentoni, incapaci nello sport e nell'uso dell'ingegno; hanno poi quel modo di fare, quella cortesia che non può essere di questo mondo; e poi cosa dire di quel modo di parlare? Ridicolo no?
Ci sono poi passaggi durissimi. Su tutti l'immagine fissa su una sedia elettrica in funzione, che un cartello ci avvisa essere destinata all'ammiraglio giapponese Yamamoto.
Insomma si può anche ridere, ma a denti strettissimi, consapevoli quanto alcuni passaggi oggi siano difficilmente digeribili e di quanto la cattiveria mostrata non sia sostenuta da intelligenza e sagacia. "Tokio Jokio" appare completamente fuori fuoco, mancando il reale bersaglio della satira: il militarismo giapponese.
Unica parte riuscita è il veloce sguardo sugli altri due dell'Asse, con un Hitler stupito della cartolina inviata da Rudolph Hesse da un campo di concentramento ed un Mussolini che se ne sta, triste e solitario, su una colonna dei Fori a giocare con uno yo-yo.
Arrivano così i primi corti per rallegrare i militi al fronte. Per l'occasione i disegnatori prendono il personaggio più popolare, Paperino, gli affiancano una canaglia, Pietrone Gambadilegno, e lo piazzano all'interno di una base militare. Il risultato una lunga sequela di gag.
A farla da padrone è Jack King che firma alcune delle opere più celebri; "The Vanishing Private" (trad: "Il segreto Sparito"), distribuito nel corso del 1942, dove Paperino è alle prese con una vernice che rende invisibile gli oggetti e manda ai matti il sergente Gamba. L'anno successivo è la volta di "The Old Army Game" (trad: Il vecchio gioco delle armi") dove Pietrone andrà su tutte le furie per una fuga notturna dalla base militare del papero, il quale ritroveremo mutilato e con una pistola puntata sulla tempia in uno stato di delirio/disperazione; insomma non proprio la Disney a cui siamo abituati).
Sempre di Jack King è "Donald Gets Drafted" (Trad:"Paperino sotto le armi"), ossia come Paperino entrò nell'esercito. L'opera è di King è vero, ma l'influenza della mano di Carl Barks, ossia il padre dei paperi, è fortissima: scrive la sceneggiatura, firma il testo della canzone di apertura e disegna le ali di manifesti che Paperino vede lungo la strada mentre si reca all'ufficio di arruolamento.
Carl è un convinto pacifista. E' fermamente contrario all'intervento bellico degli States e non vede di buon occhio la virata militarista della Disney. E "Donald Gets Drafted" è lo specchio di ciò, un corto che deride apertamente la retorica e le politiche governative.
In scena viene portato lo scontro tra reale e sua rappresentazione. Da un lato, quei manifesti che promettono al soldato una vita glamour, fatta di onori, successi e belle donne. Dall'altro ciò che lo attende realmente: compiti ingrati ed un'insensata disciplina. Nel mezzo un'incredibile e divertente visita medica, in cui si vede quanto l'intento non fosse quello di valutare l'idoneità del soggetto quanto di accettare più reclute possibili.
Di tenore simile a questi lavori c'è "Private Pluto" (trad. "La recluta Pluto"), dove, durante l'addestramento militare del cane giallo, fanno la loro prima comparsa due odiose carognette: Cip e Ciop.
Si è in guerra è vero, ma questi lavori sono in pieno stile Disney: pieni di gag, bonari e mai con riferimenti troppo duri ed espliciti al clima che respirava in quei giorni.
Da "Victory Vehicles-I mezzi per vincere" (1943) di Jack Kinney |
E chi può spiegarlo alla popolazione? Facile, il buon Pippo in "Victory Vehicles" ("I mezzi per vincere"), un coacervo di gag ed ironia, a firma Jack Kinney, uscito nelle sale il luglio del 1943.
L'antefatto è il razionamento di petrolio, gomma e metalli, ossia tutti quei materiali che erano fondamentali per l'industria bellica. Il risultato è un Pippo alla ricerca di infiniti modi alternativi con cui spostarsi nelle grandi città senza auto. Intendiamoci tutte idee stupide ed inutilizzabili, nel pieno stile del cane antropomorfizzato, che ci portano alla soluzione regina: il pogo-stick.
Anche qui la guerra è sfumata, e per di più, come accaduto con l'arruolamento di Paperino, si respira quell'ironia che sembra mettere alla berlina le scelte governative nonché gli stessi corti di propaganda.
Ben diversi nel tono sono "The New Spirit", "The Spirit of 43" ed "Out of the Frying Pan Into the Firing Line".
Nel primo è il papero per eccellenza a farla da padrone, quanto mai ritroso nel pagare le tasse.
Ma una radio gigante, quasi antropomorfizzata, gli ricorda che la nazione ha bisogno di lui, delle sue «tasse per battere l'Asse». Paperino si convince, esce di casa a velocità supersonica, con un turbinoso coast to coast, giunge a Washigton a dare la sua parte.
E questa roba funziona! Si stimarono circa 60 milioni di spettatori; e c'è di più, una buona fetta di quegli spettatori si convinsero dell'importanza di dare il proprio aiuto alla nazione attraverso il pagamento delle imposte. Bye Bye evasione!
Passa un anno ed il copione del '43 è quasi identico. Sempre Paperino a farla da padrone. Un mucchio di banconote in tasca ed ancora il dubbio: godersi i propri guadagni o risparmiare per poter fare la propria parte nella guerra?
Stavolta non c'è nessuna radio, bensì due personaggi a contenderselo. Da un lato un dandy che invita allo scialacquo. Dall'altro un risparmiatore in kilt che quando lo vidi la prima volta mi fece sobbalzare dalla sedia: quello è Zio Paperone, o perlomeno il suo archetipo, che muove i primi passi nel mondo dei paperi (la prima comparsa ufficiale dello Zione avverrà nel corso del 1947).
Paperino è indeciso, poi però sul volto del bellimbusto compaiono dei baffetti inconfondibili e capisce quale è la giusta strada da seguire. I due Spirit sono un'incessante sequela di battute: «cedere alle tentazioni o fare buone azioni»; «per ogni dollaro sottratto alle tasse perderai un pò di dignità»; ed ancora, «spendere per l'asse o risparmiare per le tasse...»?
Poi ci si ritrova catapultati in un finale a dir poco muscoloso.
Fabbriche operative notte e giorni, metalli che si fondono, altoforni, cannoni, incrociatori giapponesi colpiti ed affondati, cimiteri di aerei nazisti abbattuti e la 5a del Ludovico Van che fa capolino. Diamine. Una propaganda becera, sciovinista ed imperialista ma messa su dannatamente bene!
Ma la guerra interessa tutti, anche l'altra metà del cielo.
Ed ecco che in "Out of the Frying" a parlare alle casalinghe ci pensa Minnie (coadiuvata dallo scodinzolante Pluto); ci ricorda che il grasso da cucina non deve esser sprecato; ci mostra un'immagine bizzarra in cui questo viene versato in un imbuto e ne esce sotto forma di proiettile; ci spiega che questo contiene glicerina, e quindi è un' importante risorsa per dare una sonora pedata nelle terga ai nazisti ed aiutare anche il suo Topolino che vediamo in foto, sorridente, al fronte. Ed anche qui fa capolino la stessa potenza bellica incontrata in precedenza, fatta di cannoni che sparano per la libertà a non finire...
Va però detto che non tutti i corti nati in quel periodo si contraddistinguono per la qualità. Talvolta si ricicla roba vecchia; avviene con "All Togheter", una parata, o meglio un'accozzaglia di personaggi ritagliati da altri lavori ed incollati per invitare il pubblico ad acquisire i titoli di guerra canadesi; oppure "I tre porcellini" con un lupo nazistizzato ed i mattoni che si trasformano in solidi titoli di stato a stelle e strisce.
Da "Der Fuehrer's Face" (1943) di Jack Kinney |
Tra questi c'è "Der Fuehrer's Face" (1943), l'opera con cui abbiamo aperto questo post e con il quale Paperino si portò a casa il suo primo ed ultimo Oscar nel 1944. La Faccia del Fuhrer è da vedere ed avere per il suo valore artistico e storico, c'è poco da fare e dire.
Una piccola banda musicale irrompe nella scena. Si vede Hiroito. Mussolini alla grancassa. Goering che suona l'ottavino. Goebbels al trombone. Himmler al rullante.
Tutto è stereotipato, grottesco ed esilarante. Dalla marcetta anglo-tedesca che deride l'ideologia nazi-fascista ed il suo culto verso il capo, alle fattezze dei personaggi dai tratti esagerati, sino ai movimenti sincopati e astrusi (ah, quel tondeggiante Goering che sculetta sorridente). Tutto attorno un ambiente ornato da croci uncinate in cui anche gli animali si dilettano nel saluto romano.
E dopo la sveglia, si passa alla giornata giornata tipo di un Paperino alle dipendenze dell'industria bellica nazista, cadenzata da un'infinita catena di montaggio dove, tra un proiettile e l'altro, è costretto a vivere un slancio esilarante nei continui omaggi al Führer. Segue una ginnastica astrusa, perché si sa che il culto del corpo viene subito dopo quella del capo, ed il riposo dinnanzi ad un poster delle Alpi Bavaresi, capace di donare sempre grandi emozioni.
Inevitabilmente giunge l'alienazione, un'allucinazione potente che mette alle strette l'ideologia nazi-fascista e porta al risveglio nella più classica esibizione di patriottismo made in USA.
Divertente ed incisivo. E bravo il nostro papero, e bravo anche il regista Jack Kinney...
Ma la Disney decide di fare un ulteriore balzo in avanti: avvertire il pubblico delle tecniche di manipolazione adottate dai nazisti. Nasce così un'ideale trilogia sul tema.
E' il caso di "Reason and Emotion", uscito nell'agosto del 1943 e firmato da Bill Roberts (tra gli autori di "Dumbo", "Bambi" e "Fantasia", mica bruscolini). L' idea di base è geniale.
Veniamo catapultati nella mente di un pargoletto dove troviamo una sorta di abitacolo automobilistico, dotato di un volante e due posti a sedere. Al suo interno vivono due esserini. Alla guida c'è un omino distinto, occhialuto ed un po' secchione, ossia la Ragione; sul posto passeggero, sempre pronto a ribellarsi e prendere il comando, c'è un cavernicolo caciarone e godereccio, l'Emozione (nella versione femminile una nanerottola sexy tutte curve).
Pochi secondi e si viene catapultati nell'antenato di "Inside Out"...
Ma in "Reason and Emotion" non c'è solo fantasia, sorrisi e disimpegno.
Al centro del pensiero di ogni americano c'è la guerra, la paura portata da Perl Harbour, il timore di ritrovarsi un nemico, sino a ieri separato da un oceano, dentro casa. Ed «in questi tempi difficili, ci spiega il narratore, è importante più che mai il controllo del conflitto tra ragione ed emozione».
Ed ecco tornare la figura di Hitler, con la sua politica tutta tesa a far predominare l'emotività sulla ragione, attraverso il ricorso alla paura, l'odio e l'orgoglio ariano; una prospettiva in cui di intravede solo guerra e macerie. E quale sarebbe la via di fuga a questa sciagura? Semplice, mettere l'emotività al servizio della ragione, unire i due elementi per la lotta contro il nemico pubblico.
Da "Education for Death" (1943) di Clyde Geronimi |
La risposta è semplice, la volpe simboleggia il nazismo. E ciò, nella prima fase di scrittura del soggetto, era ancor più evidente. Al posto del manuale di psicologia, ci sarebbe dovuto essere il Mein Kampf; a suggellare il finale drammatico si era optato per un cimitero militare con le svastiche al posto delle croci.
Ma il III Reich quando inizia ad interessarsi dei bambini tedeschi?
E' la domanda che si pone alla base di "Educazione alla morte", opera di Gregor Zimmer, educatore tedesco fuggito negli States prima che Hitler mettesse in pratica l'espansionismo territoriale.
Un saggio con interviste e commenti sul modello scolastico nazista, fatto di riti e rigida educazione. La più celebre inchiesta sul sistema educativo della Germania di Hitler, documento utilizzato anche durante il Processo di Norimberga.
E da questo spunto, il regista italo-americano Clyde Geronimi, gira "Education for Death", distribuito nel gennaio del 1943; il protagonista è il piccolo Hans, nato e cresciuto sotto la croce uncinata e del quale si seguono le sorti.
C'è lo humor, come ci si può aspettare da una produzione della Disney, datoci da una corpulenta Bella Addormentata wagneriana (la Germania), tratta in salvo da cavaliere senza macchie e senza paura (Hitler), che la toglie dalle grinfie di una perfida e rugosa strega (la Democrazia).
Ma il divertimento dura pochi attimi; il resto è plumbeo, scuro, a tratti asfissiante. Quel mix di paure e pessimismo, che negli altri lavori era stato arginato, in "Education for Death" diviene centrale, uno strumento di analisi attraverso cui si giunge ad una drammatica risposta: il regime si interessa dei bambini sin dal loro concepimento.
Vediamo così in successione i genitori del piccolo Hans recarsi da un tenebroso funzionario governativo; dover dimostrare la loro appartenenza alla razza ariana; scegliere uno dei nomi approvati dal governo per i nuovi nati; temere la deportazione del figlio a causa di una malattia che lo ha colpito. Seguiamo poi Hans a scuola, una situazione che corre lungo i binari del grottesco, dove apprende l'insegnamento principe: la prevaricazione sul più debole; poi i libri proibiti da Goebbels dati alle fiamme; le parate coreografiche; l'arrivo della maturità, l'Hans uomo trasformatosi in un perfetto automa depensante a servizio del regime, una macchina che ha come unico destino la morte e la devastazione.
"Education for Death" ha una potenza espressiva che, prima della visione, si fa fatica solo ad immaginare.
Da "The Ducktators" (1942) di Norm McCabe |
Ci sono poi Bugs Bunny e soci che portano la loro follia nella lotta contro il nazismo.
In "Plane Daffy" (Trad. "Duffy all'attacco") l'anatroccolo nero dei Looney Toons, qui misogino per sua stessa ammissione, si propone per una missione: portare a destinazione un messaggio segreto importantissimo.
Chi ci ha provato prima di lui, il Piccione 13, è caduto tra le braccia di una fascinosa spia tedesca (la parodia di Mata Hari) che lo ha sedotto, drogato ed estorto il segreto che portava con sé. La fine del Piccione 13 è stata tragica, il suicidio, unica soluzione per il senso di vergogna provato.
Nonostante il suo odio verso l'universo femminile, anche Duffy cade nelle trame della bella spia riuscendo però, dopo una fuga in pieno stile Looney, ad inghiottire il messaggio.
La conclusione? Si scopre il messaggio («Hitler è una carogna») e la premiata ditta Goebbels/Goering muore suicida, davanti agli occhi divertiti dell'anatroccolo nero.
Sempre il buon vecchio Duffy è protagonista del divertentissimo "Commando Duck" (diretto dal solito Jack King), dove si prende gioco di un colonnello nazista che manda pazzi e si prende la briga di dare una martellata in testa allo stesso Hitler, intento a parlare di superiorità della razza in un comizio.
E che dire di "Ducktators" (agosto 1942)? Un corto folle!
In un pollaio due anatre (Hitler e Hiroito) ed un'oca (Mussolini) decidono di espandere il loro potere. Ci ritroviamo dinnanzi ai comizi dal balcone del Duce e a quelli carichi di pathos delirante di Hitler. Si deridono le loro movenze, gesti con cui si vuole rimarcare la stupidità delle loro idee e degli inetti che hanno deciso di seguirlo. Si corre così verso un finale caciarone, con botte da orbi ed un ritorno all'ordine rappresentato dalle teste dei tre trasformate in trofei di caccia (questa parte censurata nella versione distribuita in Italia). In coda segue il consueto invito all'acquisto i titoli di guerra.
I lunatici sono attivi tanto quanto i colleghi della Disney, mostrando però quella cattiveria connaturata al loro essere perennemente fumati e sopra le righe.
Da "Tokio Jokio" (1943) di Norman McCabe |
Un esempio? "Tokio Jokio" (maggio 1943).
Costruito nello stile del mockumentary, il regista Norman McCabe ci presenta una serie di situazioni con cui mette alla berlina il nemico giapponese.
Bene, come lo si può considerare? Un corto di livello infimo in cui emerge un becero razzismo nei confronti degli orientali? In alcuni passaggi è questa la sensazione che si prova.
Uno sguardo quanto mai perfido, in buona parte fondato su gag fisiche e pessimi giochi di parole.
I giapponesi sono più che mai stereotipati. Tutti bassi coi dentoni, incapaci nello sport e nell'uso dell'ingegno; hanno poi quel modo di fare, quella cortesia che non può essere di questo mondo; e poi cosa dire di quel modo di parlare? Ridicolo no?
Ci sono poi passaggi durissimi. Su tutti l'immagine fissa su una sedia elettrica in funzione, che un cartello ci avvisa essere destinata all'ammiraglio giapponese Yamamoto.
Insomma si può anche ridere, ma a denti strettissimi, consapevoli quanto alcuni passaggi oggi siano difficilmente digeribili e di quanto la cattiveria mostrata non sia sostenuta da intelligenza e sagacia. "Tokio Jokio" appare completamente fuori fuoco, mancando il reale bersaglio della satira: il militarismo giapponese.
Unica parte riuscita è il veloce sguardo sugli altri due dell'Asse, con un Hitler stupito della cartolina inviata da Rudolph Hesse da un campo di concentramento ed un Mussolini che se ne sta, triste e solitario, su una colonna dei Fori a giocare con uno yo-yo.
Un discorso analogo può essere per "Bugs Bunny Nips the Nips".
Il sarcastico coniglietto giunge su un'isoletta per mezzo di una cassa. Un paradiso terrestre che ben presto, a causa della massiccia presenza di giapponesi, si trasformerà in un inferno; tutti questi nanerottoli tra i piedi, stupidi, creduloni, asserviti al capo e che parlano una lingua del tutto incomprensibile.
Bugs li farà impazzire regalando gelati esplosivi e travestendosi da generale prima e donna poi. Ed in mezzo alle numerose gag, l'adorabile coniglietto non mancherà di apostrofarli come "facce da scimmia" o "slant eyes". Questi lunatici ci sono andati davvero pesanti...
Ma non sono solo gli States ad usare l'animazione per fare propaganda.
Lo fa il Giappone già nel lontano 1934 con uno scontro epico tra Momotaro, un eroe delle fiabe, ed una tremebondo Topolino; qui il ratto della Disney è diverso da come ce la ricordiamo. E' Brutto, sporco e cattivo, un'imperialista armato di mazza e con un piccolo esercito al seguito che mira a conquistare un'isoletta abitata da pacifici animaletti.
E Momotaro lo si rivedrà in due lungometraggi finanziati dal ministero della marina ("Momotaro l'aquila dei mari" del 1943 e "Momotaro il divino marinaio" del '44), divenendo un eroe epico che condurrà i giapponesi alla vittoria e ristabilendo la tanto sospirata pace tra i popoli.
E che la Germania nazista abbia fatto della propaganda un suo punto di forza non è chissà questa gran scoperta. A parlare ci sono gli interventi del Ministero della Propaganda guidato da Goebbles, un'opera vasta che colpisce libri, cinema (penso al quanto mai odioso "Ebreo Errante"),giornali, teatro e fumetti.
Non mancano interventi propagandistici nel campo dell'animazione; alcuni di questi sono andati persi; altri invece sono divenuti veri e propri oggetti da museo. Tra quelli facilmente reperibili sul Tubo ci sta "Nimbus Libéré", prodotto nel corso del 1944 e destinato alla Francia occupata.
Da Londra, uno speaker radiofonico ebreo, terribilmente stereotipato, annuncia ai francesi l'arrivo degli alleati. Tra gli ascoltatori c'è un giubilante professor Nimbus (personaggio molto noto a quei tempi per delle strip sui giornali) con la sua famiglia. Quella notizia ha il sapore di libertà, il ritorno alla vita normale.
Stacco e ci ritroviamo dinnanzi ad uno squadrone dei cieli, guidato da alcuni dei personaggi più famosi dell'animazione americana: Popeye, Pippo, Paperino, Topolino ed gatto Felix; alle loro spalle una serie di bombe con su scritto made in USA.
La liberazione, come potrete immaginare, assume toni tragici: le bombe vengono sganciate sui civili, ed una di queste cade sulla casa dei Nimbus distruggendola. Tutto è ridotto in macerie, tranne la radio, ancora in funzione, simbolo di false speranze. Un angelo della morte scende dall'alto, si poggia sul cumulo di macerie, liberando una risata quanto mai sinistra.
E l'Italia in tutto ciò?
Beh anche il regime fascista è dotato di un ministero apposito: il MinCulPop.
Le conseguenze? Uno stretto controllo dei mezzi di informazione ed un utilizzo imponente e mirato di cinegiornali e film di propaganda. Ma a Mussolini interessa anche l'animazione e decide di commissionare numerosi lavori a Luigi Pensuti, l'autore italiano per eccellenza.
Molte delle sue opere sono andate perdute, ma tra quelle che facilmente visionabili c'è il curioso:"Dottor Churkill". L'inizio è involontariamente comico: "Nella grande metropoli di 'un'isola lontana, che si allunga sul mare come un grosso ragno dagli immani tentacoli, c'era un sinistro castello,[...] popolato dai più ripugnanti animali notturni"; un linguaggio tronfio, ridondante e carico della retorica del parlar italico. Il protagonista è un Churchill rivisto in chiave stevensoniana, un essere mostruoso che solo grazie ad una pozione, a base di democrazia, riesce ad assumere sembianze umane. E solo quando il suo aspetto è accettabile, vaga a bordo di un aeroplano che soffre di flatulenza, andando di paese in paese per depredare le ricchezze di popoli laboriosi e pacifici. Una trama quanto mai faziosa, con cui mostrare a grandi e piccini il giusto disprezzo per la perfida Albione...
E con l'Italia giungiamo alla fine di questa lunghissima carrellata di opere (sommaria e parziale), uno di quei post che mette a dura prova sia chi lo scrive, sia quei pochi eroici lettori che giungono sino alla fine.
La Seconda guerra mondiale mostrava la forza di una nuova arma che era stata sperimentata a pieno nel ventennio precedente: i Mass Media. Questi, osserveranno i filosofi della Scuola di Francoforte (in particolare Adorno e Horkheimer), diventeranno parte integrante della società contemporanea, lo strumento d'eccellenza per incidere e plasmare le coscienze individuali (ma questa è tutta un'altra storia che a questa pagina poco compete ma che invitiamo a valutare).
Un giorno molto lontano (la mia testa necessita di un pò riposo), si tornerà per questi lidi, approfondendo ciò che è stato solo accennato, parlando di ciò che scientemente non è stato inserito.
Alla prossima.
Il sarcastico coniglietto giunge su un'isoletta per mezzo di una cassa. Un paradiso terrestre che ben presto, a causa della massiccia presenza di giapponesi, si trasformerà in un inferno; tutti questi nanerottoli tra i piedi, stupidi, creduloni, asserviti al capo e che parlano una lingua del tutto incomprensibile.
Bugs li farà impazzire regalando gelati esplosivi e travestendosi da generale prima e donna poi. Ed in mezzo alle numerose gag, l'adorabile coniglietto non mancherà di apostrofarli come "facce da scimmia" o "slant eyes". Questi lunatici ci sono andati davvero pesanti...
Ma non sono solo gli States ad usare l'animazione per fare propaganda.
Lo fa il Giappone già nel lontano 1934 con uno scontro epico tra Momotaro, un eroe delle fiabe, ed una tremebondo Topolino; qui il ratto della Disney è diverso da come ce la ricordiamo. E' Brutto, sporco e cattivo, un'imperialista armato di mazza e con un piccolo esercito al seguito che mira a conquistare un'isoletta abitata da pacifici animaletti.
E Momotaro lo si rivedrà in due lungometraggi finanziati dal ministero della marina ("Momotaro l'aquila dei mari" del 1943 e "Momotaro il divino marinaio" del '44), divenendo un eroe epico che condurrà i giapponesi alla vittoria e ristabilendo la tanto sospirata pace tra i popoli.
"Momotaro vs Mickey Mouse" (1934) di Komatsuzawa Hajime |
Non mancano interventi propagandistici nel campo dell'animazione; alcuni di questi sono andati persi; altri invece sono divenuti veri e propri oggetti da museo. Tra quelli facilmente reperibili sul Tubo ci sta "Nimbus Libéré", prodotto nel corso del 1944 e destinato alla Francia occupata.
Da Londra, uno speaker radiofonico ebreo, terribilmente stereotipato, annuncia ai francesi l'arrivo degli alleati. Tra gli ascoltatori c'è un giubilante professor Nimbus (personaggio molto noto a quei tempi per delle strip sui giornali) con la sua famiglia. Quella notizia ha il sapore di libertà, il ritorno alla vita normale.
Stacco e ci ritroviamo dinnanzi ad uno squadrone dei cieli, guidato da alcuni dei personaggi più famosi dell'animazione americana: Popeye, Pippo, Paperino, Topolino ed gatto Felix; alle loro spalle una serie di bombe con su scritto made in USA.
La liberazione, come potrete immaginare, assume toni tragici: le bombe vengono sganciate sui civili, ed una di queste cade sulla casa dei Nimbus distruggendola. Tutto è ridotto in macerie, tranne la radio, ancora in funzione, simbolo di false speranze. Un angelo della morte scende dall'alto, si poggia sul cumulo di macerie, liberando una risata quanto mai sinistra.
E l'Italia in tutto ciò?
Beh anche il regime fascista è dotato di un ministero apposito: il MinCulPop.
Le conseguenze? Uno stretto controllo dei mezzi di informazione ed un utilizzo imponente e mirato di cinegiornali e film di propaganda. Ma a Mussolini interessa anche l'animazione e decide di commissionare numerosi lavori a Luigi Pensuti, l'autore italiano per eccellenza.
Molte delle sue opere sono andate perdute, ma tra quelle che facilmente visionabili c'è il curioso:"Dottor Churkill". L'inizio è involontariamente comico: "Nella grande metropoli di 'un'isola lontana, che si allunga sul mare come un grosso ragno dagli immani tentacoli, c'era un sinistro castello,[...] popolato dai più ripugnanti animali notturni"; un linguaggio tronfio, ridondante e carico della retorica del parlar italico. Il protagonista è un Churchill rivisto in chiave stevensoniana, un essere mostruoso che solo grazie ad una pozione, a base di democrazia, riesce ad assumere sembianze umane. E solo quando il suo aspetto è accettabile, vaga a bordo di un aeroplano che soffre di flatulenza, andando di paese in paese per depredare le ricchezze di popoli laboriosi e pacifici. Una trama quanto mai faziosa, con cui mostrare a grandi e piccini il giusto disprezzo per la perfida Albione...
E con l'Italia giungiamo alla fine di questa lunghissima carrellata di opere (sommaria e parziale), uno di quei post che mette a dura prova sia chi lo scrive, sia quei pochi eroici lettori che giungono sino alla fine.
La Seconda guerra mondiale mostrava la forza di una nuova arma che era stata sperimentata a pieno nel ventennio precedente: i Mass Media. Questi, osserveranno i filosofi della Scuola di Francoforte (in particolare Adorno e Horkheimer), diventeranno parte integrante della società contemporanea, lo strumento d'eccellenza per incidere e plasmare le coscienze individuali (ma questa è tutta un'altra storia che a questa pagina poco compete ma che invitiamo a valutare).
Un giorno molto lontano (la mia testa necessita di un pò riposo), si tornerà per questi lidi, approfondendo ciò che è stato solo accennato, parlando di ciò che scientemente non è stato inserito.
Alla prossima.
Ismail
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