giovedì 16 novembre 2017

"MORITURIS" (2011): IL NON CINEMA DI RAFFAELE PICCHIO (PARTE II)

Papparappappapà! 
Si apre la seconda parte dello speciale sul cinema di Raffaele Picchio e abbiamo deciso di farlo con un bello squillo di trombe, proprio come si aprono i titoli di testa del suo lungometraggio di esordio: "Morituris". 
Davvero particolari come titoli di apertura, un misto tra musiche da sceneggiato peplum anni 70' della Rai e illustrazioni cruente di scenette con protagonisti i gladiatori; crea un effetto bizzarro, ma forse riuscito. Ma prima ancora dei titoli si assiste all'incipit in cui vediamo, tramite una ripresa in soggettiva con effetto sgranato da super 8 (perché poi? Non si tratta di un found footage), una famiglia che viene brutalmente sterminata da alcune presenze oscure. Il pallone, con il quale giocava il pargolo neo-trapassato, finisce davanti a un epigrafe, recante la scritta Hic Sunt Leones
E qui cominciamo già con le puttanate dal momento che, pare storicamente accertato, che tale espressione sia un falso storico attribuito alle cartografie romane e, tantomeno, venisse scolpita su pietra. Ma vabbe', una qualche licenza artistica la si deve riconoscere al cinema, specie quello di genere, che non ha, di norma, pretese di filologia storica. 
La trama del film vede tre ragazzi romani in macchina con due ragazze russe in viaggio verso un rave party, che si dovrebbe svolgere in una zona nei pressi di Roma. 
La prima, interminabile, fase del film si svolge dentro questa macchina. È un continuo profluvio di dialoghi plastificati e battute penose, recitate malamente dai tre allegri ragazzotti: c'è il coatto sottotono, poi c'è il logorroico brillante/pedante e un terzo qualsiasi. Poi ci sono le due ragazze russe, ovvero due ragazze italiane che recitano la parte di due russe trasgressive, o almeno così sembra. 
A un certo punto la trama viene incontro allo spettatore e lo solleva dalla straziante tortura: finalmente il gruppo arriva nella zona del rave. Un'altra secchiata di battute micidiali e, intanto, si è fatta notte. I tre italici, con una scusa, prendono i cellulari delle due ragazze russe. Poi il tipo anonimo si apparta con una delle due, mentre il coatto e il logorroico continuano a ridere e scherzare con l'altra. I due piccioncini appartati si abbracciano, frasi sussurrate e concupiscenti riempiono l'aria, sale la tensione sessuale, l'atmosfera si addensa di eros e...e...all'improvviso il maschio italico la chiama "puttana", la percuote e la costringe a un lavoretto di bocca. 
Cambio scena: il coatto e il brillante percepiscono il segnale e cominciano a picchiare e violentare l'altra povera sventurata. La scena di per sé è abbastanza esplicita (difatti sottoposta a pesante censura in alcune versioni del film) potrebbe essere disturbante, MA non lo è.
O meglio, non è così disturbante. 
Questo perché nel presentare allo spettatore i personaggi e portarli fino al momento X, Picchio non ha sparso alcun elemento che potesse accrescere un senso di inquietudine durante la visione, per poi esplodere nella violenza efferata: se non si costruisce un clima di sottile e impercettibile pericolo, il cambiamento folle e improvviso dei tre protagonisti maschi risulta, non solo privo di shock, ma anche abbastanza buffo. 
Vediamo tre ragazzotti, all'apparenza innocui e sfigatini, trasformarsi, in uno schiocco di dita, in spietati e risoluti sadici. Questa discrasia tra il prima e il dopo crea un contrasto totalmente innaturale. Poniamo che al posto dei tre ci fossero stati Topolino, Pippo e Paperino, cioè tre macchiette buffe e scanzonate. Il regista li riprende mentre danno vita alle loro classiche scenette comiche e, nel giro di un attimo, li vediamo esplodere nella violenza più cieca e brutale. 
Non sono credibili! 
Ma, se una regia attenta si fosse premurata di spargere, quà e là, piccoli indizi della loro follia, chessó un primo piano di Topolino con uno sguardo inquietante, allora quell'inconscio senso di disagio si sarebbe insinuato nello spettatore fino al climax esplosivo dell'aggressione.
Senza scomodare Hitchcock, un esempio calzante di abile costruzione della tensione, è il film "Invitation"[LINK]. Si prenda appunti.
Ma il film si chiama "Morituris" ed infatti, dopo tutta questa violenza appena descritta, arrivano i gladiatori. E questa si rivela essere un'idea interessante: tra i soliti mostri triti e ritriti, di cui abusa il genere horror (prassi sapientemente perculata in quella perla di "Quella Casa nel Bosco"), introdurre la violenza primordiale e senza volto di un manipolo di gladiatori morti è un esperimento apprezzabile.
Anche qui, però, siamo di fronte a un peccato che.
I gladiatori arrivano nel bel mezzo dell'esplosione di violenza di cui sopra; sono anche loro dei cattivoni che non provano pietà per nessuno dei protagonisti, tanto quanto i tre folli maschi italici. Perciò quale sarebbe di preciso la loro funzione? Aggiungere violenza alla violenza?
Lo spettatore in questo momento si sta, più o meno, identificando nelle due ragazze russe e perciò ha già identificato nei tre ragazzi la minaccia.
Che scossone emotivo provoca l'aggiungere un ulteriore minaccia? Nel raddoppiarla?
Nessuno, semplice!
Perciò c'è una svolta narrativa, ma la trama prosegue su una linea enfatica piatta e costante, nonostante l'introduzione dell'elemento paranormale.
Sarebbe stata cosa diversa se, ad esempio, uno degli stupratori fosse stato tratteggiato come personaggio complesso, umano, in cui lo spettatore si possa identificare e per il quale possa anche fare il tifo nel momento in cui si debba salvare la pellaccia dai gladiatori.
A fine film giunge una scena epocale: il brillantone sta scappando dai gladiatori, nel clima convulso successivo al loro ingresso, e legge l'epigrafe con la dicitura "Hic Sunt Leones". Questo particolare non è da poco, perché capisce che il gruppo di gladiatori assassini che lo insegue è in realtà... Un gruppo di gladiatori assassini (dell'antica Roma).
E questo lo capisce perché ha fatto il LICEO CLASSICO.
Ottima preparazione e 10 lode!
Purtroppo non potrà godere del meritato voto perché i gladiatore steccano tutti e li crocifiggono sulla statale. Arriva in soccorso degli stupratori Francesco Malcom e vede la scena.
Si Francesco Malcolm, il porno attore che qui ha la parte di un sadico erotomane che gioca a fare gerbilling con le donne solo per il gusto di.
Ovviamente recita da cani (nelle scene al telefono sta chiaramente leggendo il copione o almeno recita come se lo leggesse) roba che in confronto il suo monologo alla Lucarelli nel video "Blu Porno", dedicato a Forza Chiara da Perugia, merita un Oscar.
Picchio ci regala un omaggio al massacro del Circeo con un po' di fetish qua e là e riferimenti a pop a Britney Spears (sigh), che ha qualche potenzialità espressa ma molte ingenuità e voragini da prima opera.
Siamo sicuri che avrà modo di mostrare il suo talento con il prossimo film.
Ovviamente non è vero un cazzo, perché veniamo dal futuro e abbiamo già visto e recensito "Blind Kind" [LINK] (2016) eheheh.
Diciamo... Beh...Meglio "Morituris".

Habemus Judicium:
Bob Harris

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