giovedì 2 novembre 2017

"THE BLIND KING" (2016): IL NON CINEMA DI RAFFAELE PICCHIO (PARTE I)

Oggi inauguro la prima delle due parti dedicate al non-cinema di Raffaele Picchio
Si dice sempre che il cinema italiano non ha i mezzi per girare produzioni che esorbitino dalla commediola tipica, altrimenti ci sarebbero tanti talenti nostrani che, con le loro idee, farebbero il culo alle produzioni straniere. Raffaele Picchio, invece, nei suoi film ci fa intendere che, oltre ai soldi, spesso scarseggiano soprattutto le idee e il talento.
Parto con il recensire il suo secondo film in ordine cronologico, ma il primo che ho avuto la possibilità di visionare : "The Blind King".
Eheheh! Avete visto che titolo ganzo in inglese eh? Mica semo italiani! Semo internazionali!
Craig ha un nome inglese, è padre di una bambina dal nome inglese e ha una sorella dal nome inglese. 
Vivono fuori Roma, da quanto si capisce, anche se alcune scelte stilistiche rimandano ai film americani: i protagonisti bevono caffè all'americana versato da brocche trasparenti con servizio di refill, all'interno di pub ad apertura diurna e dalla conformazione un po' strana e poco nostrana (a partire dalla presenza di lampade piazzate al centro dei tavolini che vi sono disposti all'interno).
Yeah, right, very good!
Peccato solo per la scena di Craig che gioca a palla con la figlia usando un Super Tele... 
Dicevamo di Craig, regista fallito, e della figliola che ha la caratteristica di essere diventata muta, a causa della morte della madre avvenuta tempo prima. 
Da quando si sono trasferiti nella casa dei genitori di Craig la bambina ha cominciato a fare disegni strani: si ostina a raffigurare un losco figuro dai denti sagomati, incappucciato e avvolto da catene. 
Lo stesso losco figuro che comincia ad apparire anche a  Craig nei sogni. 
Cosa vorrà da loro il Re Cieco?
Da quale passato oscuro fugge Craig?
Ma soprattutto cosa abbiamo fatto per meritarci questo?
Partiamo dalle scabrosità tecniche che rappresentano la pecca più comprensibile: gli attori recitano. Punto. Ma sicuramente un bel balzo in avanti rispetto all'altro capolavoro che è "Morituris"[LINK].
Le ambientazioni sarebbero pure azzeccate, a parte le forzature stile americano di cui sopra (ed eventuali altre), se non fosse che non ci si ricami sopra alcuna atmosfera degna di un horror e quando lo si fa l'effetto è scadente. 
Questo è dovuto al fatto che non vi è interazione adeguata tra lo scenario e i personaggi che sia funzionale allo sviluppo degli eventi del film o che possa contribuire ad accrescere la tensione.
Per parafrasare: è tutto buttato lì a cazzo. 
Piccolo esempio: non si capisce bene per tutto il film se la presenza malefica abbia o no una qualche associazione con la casa in cui va a vivere il protagonista e di appartenenza dei genitori. Il punto è che il Re Cieco inizia a manifestarsi lì e viene spiegato il fatto che Craig sia colpevole di aver cacciato i genitori da lì e averli rinchiusi in un ospizio. Ma poi si scopre che ci sono dei casini legati alla moglie e questi erano già presenti nella casa vecchia, il che dovrebbe escludere che il male si palesi solo ora in conseguenza dello sfratto dei genitori. 
Va bene che veniamo da una tradizione liberale in cui nun me toccate la proprietà che è sacra...
Altro esempio: il mostrone viene disegnato dalla figlia muta in procinto di uscire dall'armadio, il che farebbe pensare che l'armadio è un elemento di connessione con la presenza in questione; d'altronde è un topos caratteristico dell'horror il fatto che il male si manifesti in/da un punto preciso, basta prendere un boogeyman a caso per avere un esempio correlativo. 
E invece no, perché l'associazione Blind King/armadio è buttata lì a cazzo, poiché durante il film esso si paleserà praticamente dappertutto e si perderà così tale potenziale connessione.
Per non parlare poi del lato onirico del film, i momenti cioè in cui Craig sogna di essere in un ipotetico altrove che, all'inizio è un bosco (non si sa perché) e poi successivamente è rappresentato da una versione di casa sua con qualche candela sparsa qua e là, ed in cui appaiono i suoi familiari e l'immancabile Blind King. Ma ancora una volta non c'è interazione tra personaggio e ambiente.
Ed ancora, Craig scende in una specie di catacomba sotto casa sua, vede due tavoli in legno massello, due candele, ciancia un po' con le presenze e poi si sveglia. 
Che senso ha ricreare un ambiente del genere?
Solo per dare un po' di atmosfera?
Ma se il personaggio non vi interagisce, non crei minimamente tensione, è come entrare in un ristorante a tema horror con i camerieri vestiti da Dracula.
Ci sarebbero altri aspetti su cui non mi soffermo, ma un cenno lo voglio fare sul protagonista indiscusso del film e anche del titolo: "The Blind King". 
Allora, va bene l'entità malvagia paurosa nell'aspetto, e da questo punto di vista il lavoro di make up è ottimo. Ma non si può renderlo una macchietta che appare in continuazione per iniziare una serie di dialoghi retorici e metaforici interminabili in cui dà continuamente addosso al protagonista (che poi basta con queste voci profonde da mostro, sono inflazionate da anni!); sembra quasi che la condanna comminata a Craig per i suoi (dubbi) peccati consisti nel sopportare i pippozzi infiniti e sfiancanti del Re. 
E con Craig viene sfiancato anche lo spettatore che sa già che, dal momento in cui si paleserà il Re Cieco, partirà un interminabile morale sul peccato e sulle colpe da espiare. 
Perciò, se nel cinema horror viene continuamente messa in evidenza la pecca di mostrare troppo, smorzando così l'elemento orrorifico dell'apparizione, qui andiamo oltre: la presenza malefica non solo viene mostrata in continuazione, ma assume il ruolo che potrebbe avere quella persona logorroica che conosci e non vuoi mai vedere, perché sai già che ti terrà un'eternità a parlare dei fatti suoi. La stessa persona della quale dipingi un'immagine buffa agli altri. 
Ecco il Re Cieco è un Re Comico, perché alla fine del film lo si può considerare un personaggio ridicolo che provoca risate fragorose ad ogni attacco di discorso, ben lungi dal suscitare paura.
Per concludere si può dire che, come accade con tanti horror di basso livello, questo film andrebbe visto in compagnia perché come horror vale pochissimo, ma come film comico è semplicemente perfetto.

Habemus Judicium:

Bob Harris

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