«Questa è la polizia di Stato! E cosa fa l’Assessore Puglisi? Mi manda un incapace! Un pianista! Che facciamo, la serenata ai delinquenti?»
-Questore Vitali-
E dire che in Italia il cinema di genere lo sapevamo fare.
Fulci, Bava, Argento o Di Leo, giusto per fare qualche nome, ne sono la dimostrazione.
Poi il nulla, o quasi. Caligari, tra mille difficoltà, con "L'Odore della Notte" [LINK] nel '98 riuscì a portare un (grandissimo) noir a Venezia. Salvatores, che spazi e voglia di libertà l'ha manifestata negli anni, ci ha provato con i discreti "Nirvana" ed "Il ragazzo invisibile".
In mezzo ad un piattume quasi generale emergono anche due soggetti non meglio identificati: i Manetti Bros. Autori di pellicole indipendenti a basso budget, i due fratelli romani sono tra i pochi registi dello stivale che si divertono (anche con una certa capacità) a sperimentare nel cinema di genere. Ed a partire da quel Dracula che calavano a Roma, da clandestino qualsiasi, e lo trascinavano tra i centri sociali e la musica rap, di strada ne hanno fatta.
Sono passati per il thriller con "Piano 17", si sono lanciati nello splatter di "Paura 3D" ed approdati nella fantascienza con il riuscitissimo "L'arrivo di Wang". Non tutti lavori impeccabili per carità, ma sempre connotati da libertà e voglia di mettersi in gioco. Due tipetti per cui nutrire tutta la nostra stima e simpatia.
E con "Song' e Napule" arriva il momento del poliziesco.
Prima ancora che si aprano i titoli di testa si ride di gusto con un bizzarro colloquio di lavoro.
Da un lato della scrivania c'è Vitali (Carlo Buccirosso), Questore di Napoli prossimo ad una crisi di nervi. Dall'altro Paco (Alessandro Roja), talentuoso musicista diplomato al conservatorio, disoccupato e con in tasca la spintarella dell'Assessore Puglisi.
Sono cinque minuti eccezionali in cui Buccirosso si mostra per quel che è, uno dei migliori caratteristi italiani; peccato vederlo così spesso utilizzato male nella stantia commedia italiana. Titoli di testa e ci ritroviamo due anni dopo quell'incontro.
Fulci, Bava, Argento o Di Leo, giusto per fare qualche nome, ne sono la dimostrazione.
Poi il nulla, o quasi. Caligari, tra mille difficoltà, con "L'Odore della Notte" [LINK] nel '98 riuscì a portare un (grandissimo) noir a Venezia. Salvatores, che spazi e voglia di libertà l'ha manifestata negli anni, ci ha provato con i discreti "Nirvana" ed "Il ragazzo invisibile".
In mezzo ad un piattume quasi generale emergono anche due soggetti non meglio identificati: i Manetti Bros. Autori di pellicole indipendenti a basso budget, i due fratelli romani sono tra i pochi registi dello stivale che si divertono (anche con una certa capacità) a sperimentare nel cinema di genere. Ed a partire da quel Dracula che calavano a Roma, da clandestino qualsiasi, e lo trascinavano tra i centri sociali e la musica rap, di strada ne hanno fatta.
Sono passati per il thriller con "Piano 17", si sono lanciati nello splatter di "Paura 3D" ed approdati nella fantascienza con il riuscitissimo "L'arrivo di Wang". Non tutti lavori impeccabili per carità, ma sempre connotati da libertà e voglia di mettersi in gioco. Due tipetti per cui nutrire tutta la nostra stima e simpatia.
E con "Song' e Napule" arriva il momento del poliziesco.
Prima ancora che si aprano i titoli di testa si ride di gusto con un bizzarro colloquio di lavoro.
Da un lato della scrivania c'è Vitali (Carlo Buccirosso), Questore di Napoli prossimo ad una crisi di nervi. Dall'altro Paco (Alessandro Roja), talentuoso musicista diplomato al conservatorio, disoccupato e con in tasca la spintarella dell'Assessore Puglisi.
Sono cinque minuti eccezionali in cui Buccirosso si mostra per quel che è, uno dei migliori caratteristi italiani; peccato vederlo così spesso utilizzato male nella stantia commedia italiana. Titoli di testa e ci ritroviamo due anni dopo quell'incontro.
Paco non ha la minima capacità di fare il poliziotto di strada; i superiori lo sanno e lo sapeva anche il Questore Vitali. Non poteva che ritrovarsi posteggiato all'interno del deposito merci sequestrate. Qui viene scoperto dal Commissario dell'anticrimine Cammarota (Paolo Sassanelli), uomo d'azione particolarmente risoluto, mentre suona un pianoforte.
Senza che Paco possa dire la sua, si ritrova all'interno della squadra anticrimine. Il suo compito sarà quello di infiltrasi nella band di Lollo Love (Giampaolo Morelli) esponente, che più trash non si può, della musica neomelodica napoletana.
La ragione?
Lollo Love è stato chiamato per allietare gli invitati del matrimonio della figlia del camorrista Scornaienco (Franco Ricciardi); tra gli invitati ci sarà un Keyser Söze partenopeo: Ciro Serracane (interpretato da Peppe Servillo) detto O' Fantasma, uomo senza volto da sempre primo desiderio dell'anticrimine.
Una trama semplice ma condotta magistralmente.
Lollo Love è stato chiamato per allietare gli invitati del matrimonio della figlia del camorrista Scornaienco (Franco Ricciardi); tra gli invitati ci sarà un Keyser Söze partenopeo: Ciro Serracane (interpretato da Peppe Servillo) detto O' Fantasma, uomo senza volto da sempre primo desiderio dell'anticrimine.
Una trama semplice ma condotta magistralmente.
I fratelli Manetti rigenerano il poliziesco italiano, lo caricano di ironia, ed, attraverso un montaggio frenetico e movimentate telecamere a mano, lo catapultano in una Napoli lontana dalle banali visioni da cartolina ed ancor di più dai luoghi comuni con cui la si attacca solitamente.
Lavorano su due registri.
Da un lato quello comico, una serie di situazioni legate alla convivenza tra Paco e Lollo Love. Si ride e di gusto. Dall'altro la suspense: cresce con il giusto climax, e, come i migliori thriller, lascia lo spettatore incollato allo schermo in attesa di vedere cosa succederà.
A fare da collante tra questi due poli contrapposti c'è quello schifo di musica neomelodica (ah, le canzoni sono scritte dallo stesso Peppe Servillo): crea una bislacca alchimia in grado di stemperare i toni più esasperati e donare omogeneità al tutto. Uno schifo di canzoni, va riconosciuto, però così appiccicose che, con un certo imbarazzo, ci si ritrova a canticchiare sotto la doccia.
"Song 'e Napule" fa bene al nostro cinema è un calderone di caratteri pregno di ironia ed intelligenza, un autentico film popolare che mira a strappare più biglietti possibili al botteghino.
Il 5 ottobre uscirà l'ultima fatica dei fratelli, un gangster movie/musicale, intitolato "Amore e malavita", che sembra aver incuriosito e divertito i più che hanno assistito alla proiezione al Festival di Venezia.
Per ammazzare l'attesa andate a fare un giro RaiPlay e gustatevi questa avventura napoletana con uno streaming gratuito ed in HD. Grazie Mamma Rai!
Lavorano su due registri.
Da un lato quello comico, una serie di situazioni legate alla convivenza tra Paco e Lollo Love. Si ride e di gusto. Dall'altro la suspense: cresce con il giusto climax, e, come i migliori thriller, lascia lo spettatore incollato allo schermo in attesa di vedere cosa succederà.
A fare da collante tra questi due poli contrapposti c'è quello schifo di musica neomelodica (ah, le canzoni sono scritte dallo stesso Peppe Servillo): crea una bislacca alchimia in grado di stemperare i toni più esasperati e donare omogeneità al tutto. Uno schifo di canzoni, va riconosciuto, però così appiccicose che, con un certo imbarazzo, ci si ritrova a canticchiare sotto la doccia.
"Song 'e Napule" fa bene al nostro cinema è un calderone di caratteri pregno di ironia ed intelligenza, un autentico film popolare che mira a strappare più biglietti possibili al botteghino.
Il 5 ottobre uscirà l'ultima fatica dei fratelli, un gangster movie/musicale, intitolato "Amore e malavita", che sembra aver incuriosito e divertito i più che hanno assistito alla proiezione al Festival di Venezia.
Per ammazzare l'attesa andate a fare un giro RaiPlay e gustatevi questa avventura napoletana con uno streaming gratuito ed in HD. Grazie Mamma Rai!
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