lunedì 5 marzo 2018

L'IPERIONE IN ORIENTE #4: "NIGHTMARE DETECTIVE" (2006) di SHINYA TSUKAMOTO

Lo ha detto lo stesso Tsukamoto: «volevo che questo film fosse un ponte tra la vecchia struttura con cui giravo i miei film e una nuova concezione, sempre più tesa ad addentrarsi nell'animo umano». Col senno di poi, il regista di Tokyo ha mantenuto la sua parola, virando verso una rappresentazione contorta e claustrofobica della psiche dell'uomo; chiaro esempio di questo sono sicuramente opere successive come "Kokoto" (2011) e, proprio, il seguito di "Nightmare Detective".
La polizia indaga sulla morte di alcune persone, il cui decesso è stato catalogato, anche in merito alle dichiarazioni di alcuni testimoni, come suicidio. Ma la giovane ispettrice Keiko Kirishima scopre un elemento che accomuna questi decessi: tutte le vittime, per lo più persone depresse, avevano memorizzato, sul proprio cellulare, uno stesso numero telefonico, che avevano chiamato poco prima di morire. Per risolvere il mistero e interrompere la scia di omicidi, la polizia dovrà affidarsi a  Kagenuma, un ragazzo dotato della capacità di interagire, entrandoci, con gli incubi degli altri.
Partendo da un plot che più stringato e spoglio non si può (considerando che siamo di fronte ad un thriller), si può tranquillamente affermare che siamo di fronte ad uno Tsukamoto fedele al 100 per cento a se stesso.
Partendo proprio dalla scarnezza della trama, statico pretesto per saltare sulle montagne russe della visionarietà distorta del regista.
Poi ancora quella fotografia blu glaciale, che inonda le architetture squadrate di una Tokyo irriconoscibile, e gli interni in cui si svolgono gli eventi.
Eppoi lo stile registico di Shinya: telecamera a mano, inquadrature frenetiche e traballanti e primissimi piani così sofferenti da trasmettere tutta l'angoscia e la fisicità dei personaggi direttamente allo sguardo stuprato dello spettatore.
Come detto, "Nightmare Detective" ambisce a trasferire tutta la sua carica cinetica da un ambito corporale ad uno mentale. E proprio seguendo le parole del regista ci riesce a metà: il vortice mentale in cui vengono risucchiati i personaggi, si unisce al consueto accartocciamento dei corpi, alla mutazione della carne verso un'ibridazione sempre diversa e sanguinolenta. Ancora po' di Cronenberg e già un po' di Lynch. Ma forse, semplicemente, siamo di fronte a un visionario del cinema Orientale, completamente sui generis e il cui stile è inconfondibile. Piaccia o no, prendere o lasciare. 
Già, perché, come sempre e come solo i grandi sanno fare, Tsukamoto piega il genere al suo stile e alla sua poetica.
"Nightmare Detective" come Thriller non vale un granché. Poca suspense, tanta confusione e poca interazione tra i personaggi.
O meglio, l'interazione tra i due protagonisti Kagenuma e Keiko, va oltre la forma e oltre le convenzioni cinematografiche. Va scorta lì, all'interno delle loro emozioni amplificate che interagiscono dolorosamente; risiede nella frenesia delle sequenze, in un climax di follia e disperazione, che lascia comunque spazio ad un epilogo più canonico e rassicurante. 
Un film di genere che si sforza di mantenere qualcosa del "genere", ma che può far storcere il naso a chi imprudentemente o, peggio, impudentemente, si aspetta uno Tsukamoto quadrato, via via che passano gli anni. 
C'è tanta merda nel cervello di questo regista e non smetterà mai di tirarla fuori e metterla su pellicola.

Habemus Judicium:
Bob Harris

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