Iosonouncane, all'anagrafe Jacopo Incani, esordisce come solista nel 2011 con l'album "Macarena su Roma", un lavoro ricco di idee in cui l'autore, attraverso un sguardo lucido, cinico e sarcastico, volge la sua attenzione verso le piccole/grandi miserie di una società lacerata (così in "Summer on a spiaggia affollata", troviamo i villeggianti gioire per il naufragio dei barconi dei clandestini: una folla selvaggia che invoca a gran voce/la versione in carne ed ossa delle morti viste in tv/poi finalmente il barcone affollato ribalta e comincia ad affondare/gli ombrelloni si gonfiano di un boato di gioia e di saluti per chi da casa è rimasto a guardare).
Un'opera fortemente politica che parte dalla cronaca, dagli articoli di giornali e dai servizi dei telegiornali. Il tutto suonato attraverso il solo apporto di una chitarra acustica, un campionatore ed una loop-machine. Incani fa tutto da solo, un vero e proprio one man band.
Passano gli anni, ben 4, e dietro di essi c'è un grande lavoro di ricerca.
Iosonouncane lascia i binari segnati con il buono "Macarena su Roma" ed intraprende una strada del tutto nuova. Entra in studio nel gennaio del 2014, collabora con ben 14 musicisti e partorisce nel 2015 un concept album, per il quale sceglie un titolo ambiguo, "Die" da poter leggere sia in senso mortifero (se lo si interpreta all'inglese) o di rinascita (in latino e sardo die significa giorno), una morte/rigenerazione che pervade tutti i versi delle canzoni.
Abbandona la dimensione schizzofrenica ed avvilente degli spazi urbani e si dirige verso un mondo rurale, sempiterno e sospeso nel tempo trovando una sorprendente alchimia musicale capace di suonare primordiale e tecnologica allo stesso tempo.
Solo 6 brani, un ascolto da fare tutto d'un fiato incentrato sulla distanza, il racconto della paura di un naufragio visto da due persone. Il marinaio in balia del mare con la paura di morire e la compagna che, dalla terra ferma, volge lo sguardo verso la burrasca con il timore di non poter rivedere più il suo amore (due punti di vista vengono mostrati nei 4 brani centrali: "Stormi","Buio", "Carne" e "Paesaggio" incorniciati dai corali "Tanca" e "Mandria").
Testi evocativi e carichi di immagini simboliche (il sole, la falce, la fame, la morte gli alberi, la terra) e una musica dove Jacopo Incani mostra una grande capacità di mescolare la tradizione (il canto a tenore sardo che apre "Tanca" e si palesa con forza in "Buio", un ruggito che sembra salire dal profondo della terra), il cantautorato italiano (tanti, ed a ragione, hanno sentito riecheggiare il miglior Battisti di "Anima latina"), il prog (i tanti tempi che si alternano in "Stormi" e "Paesaggio", la ricchezza di strumenti a fiato, usati sempre in modo equilibrato senza mai cadere in stucchevoli barocchismi), nonché l'influenza della musica elettronica e techno con i loro suoni ossessivi e ripetuti.
Il risultato, un album ispirato e dominato da sonorità potenti, alte e primordiali, in cui i suoni ossessivi, cupi e cadenzati (penso "Tanca", l'ipnotico brano che apre l'album) si mescolano ad approcci più pop ed orecchiabili come in "Stormi", costruita su un giro di chitarra acustica semplice arricchito da un un delicato synth e da azzeccatissimi cori femminili (o come nell'intensa e meravigliosa "Carne", il pezzo migliore per chi scrive), sino all'apice psichedelico di "Buio" dove la lacerazione della distanza si fa più viva e forte.
"Die" è un album ricco e complesso ma allo stesso tempo accessibile e pop. Veicola sentimenti e stati d'animo universali ed è dotato di un mix musicale carico di fascino e bellezza, un LP che cattura ed ossessiona sin dai primissimi ascolti.
Iosonouncane poteva cadere nella solita minestra dell'indie italiano diversamente impegnato ed essere più accondiscendente alle logiche di mercato. Ed invece se ne esce con un disco così, dal gusto raffinato della migliore musica sperimentale.
"Die" sembra quasi un atto di coraggio, indubbiamente un grande Album.
Habemus Judicium:
Abbandona la dimensione schizzofrenica ed avvilente degli spazi urbani e si dirige verso un mondo rurale, sempiterno e sospeso nel tempo trovando una sorprendente alchimia musicale capace di suonare primordiale e tecnologica allo stesso tempo.
Solo 6 brani, un ascolto da fare tutto d'un fiato incentrato sulla distanza, il racconto della paura di un naufragio visto da due persone. Il marinaio in balia del mare con la paura di morire e la compagna che, dalla terra ferma, volge lo sguardo verso la burrasca con il timore di non poter rivedere più il suo amore (due punti di vista vengono mostrati nei 4 brani centrali: "Stormi","Buio", "Carne" e "Paesaggio" incorniciati dai corali "Tanca" e "Mandria").
Testi evocativi e carichi di immagini simboliche (il sole, la falce, la fame, la morte gli alberi, la terra) e una musica dove Jacopo Incani mostra una grande capacità di mescolare la tradizione (il canto a tenore sardo che apre "Tanca" e si palesa con forza in "Buio", un ruggito che sembra salire dal profondo della terra), il cantautorato italiano (tanti, ed a ragione, hanno sentito riecheggiare il miglior Battisti di "Anima latina"), il prog (i tanti tempi che si alternano in "Stormi" e "Paesaggio", la ricchezza di strumenti a fiato, usati sempre in modo equilibrato senza mai cadere in stucchevoli barocchismi), nonché l'influenza della musica elettronica e techno con i loro suoni ossessivi e ripetuti.
Il risultato, un album ispirato e dominato da sonorità potenti, alte e primordiali, in cui i suoni ossessivi, cupi e cadenzati (penso "Tanca", l'ipnotico brano che apre l'album) si mescolano ad approcci più pop ed orecchiabili come in "Stormi", costruita su un giro di chitarra acustica semplice arricchito da un un delicato synth e da azzeccatissimi cori femminili (o come nell'intensa e meravigliosa "Carne", il pezzo migliore per chi scrive), sino all'apice psichedelico di "Buio" dove la lacerazione della distanza si fa più viva e forte.
"Die" è un album ricco e complesso ma allo stesso tempo accessibile e pop. Veicola sentimenti e stati d'animo universali ed è dotato di un mix musicale carico di fascino e bellezza, un LP che cattura ed ossessiona sin dai primissimi ascolti.
Iosonouncane poteva cadere nella solita minestra dell'indie italiano diversamente impegnato ed essere più accondiscendente alle logiche di mercato. Ed invece se ne esce con un disco così, dal gusto raffinato della migliore musica sperimentale.
"Die" sembra quasi un atto di coraggio, indubbiamente un grande Album.
Habemus Judicium:
Ismail
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