«D'estate a Roma i cinema sono tutti chiusi, oppure ci sono film come "Sesso amore e pastorizia", "Desideri bestiali", "Biancaneve e i sette negri", oppure qualche film dell'orrore come "Henry", oppure qualche film italiano»
Alla base di tutto un cortometraggio, poi al giro "In Vespa" si sono aggiunti "Le Isole" e "Medici": arriva così "Caro Diario", film ad episodi premiato al Festival di Cannes con il prestigioso Prix de la mise en scène.
"Caro Diario" segna l'abbandono di Michele Apicella, l'alter-ego che aveva accompagnato Moretti per (quasi) tutta la sua carriera, un contenitore in cui cui rifugiare dubbi, pensieri ed ossessioni. Dentro la scena, e fuori attraverso una voce-off che non si limita a descrivere le immagini e gli avvenimenti, rimane solamente Moretti; guardando il suo percorso artistico, questo è l'approdo più naturale possibile.
Ad aprire il trittico è un giro in vespa per una Roma agostana, completamente deserta e distante da quella solita da cartolina. Poi è il turno di "Isole", una lunga e spasmodica ricerca di un posto lontano dal caos dove poter lavorare; il luogo giusto sembra essere Lipari, lì 11 anni prima si è rifugiato un suo amico per studiare in tranquillità lo "Ulysses" di James Joyce.
Più dialogato e ricco di trovate il primo, più contemplativo e paesaggistico il secondo, "In Vespa" e "Le Isole" rappresentano l'essenza del cinema morettiano: "Caro diario" è un percorso egotico fatto di incontri che aprono ad un dialogo maieutico, di riflessioni ironiche su di sé, la società ed il cinema; ritroviamo così alcuni degli elementi che hanno fatto di Moretti uno dei più attenti e raffinati osservatori del nostro cinema.
Tra momenti esilaranti ai quali è difficile resistere (pensiamo al sindaco megalomane de "Le Isole" o alle scene con Mazzacurati e la Beals di "Flashdance") ed una colonna sonora che passa da un immenso "I'm your man" di Cohen a Nicola Piovani, arrivano cinque minuti che presi da soli varrebbero la visione del film.
Moretti è sul lungo mare romano a bordo della sua Vespa; tutt'attorno gente in costume, spiagge, case, muri crepati, automobili, guardrail arrugginiti e piegati. Nanni si ferma, scende dalla Vespa e la telecamera si dirige altrove: quello è il monumento funebre dedicato a Pier Paolo Pasolini, posto nel luogo in cui venne barbaramente ucciso. E' in completo stato di abbandono, un degrado che sembra voler simboleggiare una violenza ancora oggi inspiegabile e la cattiva coscienza di una società che lo ha abbandonato una seconda volta. Non ci sono parole per poterlo spiegare; non servono.
Poi è il turno dei "Medici", la bestia strana di "Caro Diario".
E' una storia di un prurito irrefrenabile, colpisce gli arti durante la notte, togliendo sonno e serenità. È un susseguirsi di conversazioni con i medici, appunti da prendere, farmaci prescritti e cure. Ma niente, quel prurito non passa ed ad un certo punto sembra anche essere contagioso; mi gratto anche io vedendolo ridotto in quello stato.
Moretti ci porta nella sua sfera privata e ci racconta la sua battaglia contro il cancro. Lo fa compenetrando la finzione con la realtà, al punto di mostrare la sua ultima seduta di chemioterapia girata in 16 mm.
Oramai si è aperto a noi, ha mescolato la sfera pubblica con quella privata, e, seduto ad un tavolino di un bar, ci mostra tutte le medicine prese, ci spiega l'importanza di bere dell'acqua prima di colazione, ci guarda dritti negli occhi.
"Caro Diario" è l'affresco intimo e sincero di un regista libero nelle idee e che ha fatto di sé stesso il cinema; e ci riesce nel miglior modo, cogliendo la funzione principale del cinema: veicolare emozioni.
Alla base di tutto un cortometraggio, poi al giro "In Vespa" si sono aggiunti "Le Isole" e "Medici": arriva così "Caro Diario", film ad episodi premiato al Festival di Cannes con il prestigioso Prix de la mise en scène.
"Caro Diario" segna l'abbandono di Michele Apicella, l'alter-ego che aveva accompagnato Moretti per (quasi) tutta la sua carriera, un contenitore in cui cui rifugiare dubbi, pensieri ed ossessioni. Dentro la scena, e fuori attraverso una voce-off che non si limita a descrivere le immagini e gli avvenimenti, rimane solamente Moretti; guardando il suo percorso artistico, questo è l'approdo più naturale possibile.
Ad aprire il trittico è un giro in vespa per una Roma agostana, completamente deserta e distante da quella solita da cartolina. Poi è il turno di "Isole", una lunga e spasmodica ricerca di un posto lontano dal caos dove poter lavorare; il luogo giusto sembra essere Lipari, lì 11 anni prima si è rifugiato un suo amico per studiare in tranquillità lo "Ulysses" di James Joyce.
Più dialogato e ricco di trovate il primo, più contemplativo e paesaggistico il secondo, "In Vespa" e "Le Isole" rappresentano l'essenza del cinema morettiano: "Caro diario" è un percorso egotico fatto di incontri che aprono ad un dialogo maieutico, di riflessioni ironiche su di sé, la società ed il cinema; ritroviamo così alcuni degli elementi che hanno fatto di Moretti uno dei più attenti e raffinati osservatori del nostro cinema.
Tra momenti esilaranti ai quali è difficile resistere (pensiamo al sindaco megalomane de "Le Isole" o alle scene con Mazzacurati e la Beals di "Flashdance") ed una colonna sonora che passa da un immenso "I'm your man" di Cohen a Nicola Piovani, arrivano cinque minuti che presi da soli varrebbero la visione del film.
Moretti è sul lungo mare romano a bordo della sua Vespa; tutt'attorno gente in costume, spiagge, case, muri crepati, automobili, guardrail arrugginiti e piegati. Nanni si ferma, scende dalla Vespa e la telecamera si dirige altrove: quello è il monumento funebre dedicato a Pier Paolo Pasolini, posto nel luogo in cui venne barbaramente ucciso. E' in completo stato di abbandono, un degrado che sembra voler simboleggiare una violenza ancora oggi inspiegabile e la cattiva coscienza di una società che lo ha abbandonato una seconda volta. Non ci sono parole per poterlo spiegare; non servono.
Poi è il turno dei "Medici", la bestia strana di "Caro Diario".
E' una storia di un prurito irrefrenabile, colpisce gli arti durante la notte, togliendo sonno e serenità. È un susseguirsi di conversazioni con i medici, appunti da prendere, farmaci prescritti e cure. Ma niente, quel prurito non passa ed ad un certo punto sembra anche essere contagioso; mi gratto anche io vedendolo ridotto in quello stato.
Moretti ci porta nella sua sfera privata e ci racconta la sua battaglia contro il cancro. Lo fa compenetrando la finzione con la realtà, al punto di mostrare la sua ultima seduta di chemioterapia girata in 16 mm.
Oramai si è aperto a noi, ha mescolato la sfera pubblica con quella privata, e, seduto ad un tavolino di un bar, ci mostra tutte le medicine prese, ci spiega l'importanza di bere dell'acqua prima di colazione, ci guarda dritti negli occhi.
"Caro Diario" è l'affresco intimo e sincero di un regista libero nelle idee e che ha fatto di sé stesso il cinema; e ci riesce nel miglior modo, cogliendo la funzione principale del cinema: veicolare emozioni.
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