lunedì 8 gennaio 2018

"ACROSS THE RIVER-OLTRE IL GUADO" (2014) DI LORENZO BIANCHINI

Il cinema italiano di genere è vivo! 
I tentativi di diversi registi nostrani di approcciarsi al genere è sempre ben accetto, anche se i risultati sono per lo più deludenti, senza fare nomi. Ma la tradizione horror italica è sempre lì a ricordarci che c'è stata un'epoca, non troppo lontana, in cui la scena internazionale era dominata da autori quali Bava, Fulci e Argento, fonti di ispirazione per i registi di tutto il mondo. 
Ebbene, il film di Lorenzo Bianchini, "Across the River", è una gemma dal valore inestimabile, che si colloca lassù nell'olimpo del cinema horror. 
La trama, scarna, narra di un etologo, Marco Contrada, che si avventura nelle foreste friulane per svolgere uno studio sui comportamenti degli animali del luogo, tramite delle riprese, ottenute posizionando su di essi delle microcamere. Nel suo lavoro di studio si spinge, un giorno, oltre il guado di un corso d'acqua, rimanendo bloccato, causa la piena del fiume, in un paese abbandonato arroccato tra le montagne. 
Giocando con le paure ataviche dell'uomo, la solitudine, la minaccia irrazionale/brutale e l'impotenza totale, Bianchini confeziona una pellicola gelida e terrorizzante. È talmente elevata l'immedesimazione in cui viene calato lo spettatore, che si può quasi sentire il gelo, l'umidità e l'odore di legno stagnante che penetra nelle narici. 
L'espediente delle microcamere, che offrono una visuale soggettiva e frenetica, catapulta nel pieno dell'azione e aumenta progressivamente la tensione di un qualcosa che è lì ad aspettare e che si palesa gradualmente, tramite oscuri e inquietanti presagi di morte. 
Il piglio documentaristico non è casuale. Per buona parte del film vengono rappresentate situazioni verosimili e ipotizzabili nel contesto di una natura selvaggia, che divora l'essere umano e lo rende fragile e totalmente in balia degli eventi. L'evoluzione tecnologica e il progresso mettono a disposizione dell'uomo una serie di mezzi per dominare l'ambiente circostante e ciò è ben rappresentato dal furgone attrezzato di strumentazione altamente specialistica del protagonista. Ma basta un evento naturale dei più comuni quale è la piena di un fiume, per rendere vulnerabile ed esposto alla furia degli elementi anche il più esperto avventuriero. 
In questo contesto si innesta l'elemento paranormale. Si sono sprecati i discorsi sul concetto di orrore e cosa, diffusamente, è in grado di evocare le paure, sepolte nell'abisso più profondo dell'animo umano. 
Sicuramente la ghost story ha sempre il suo fascino, ma unita alla trasfigurazione dell'elemento femmineo risveglia un terrore primordiale
Lo script di "Across the River" ci mette di fronte ad un'entità paranormale che non è semplicemente una minaccia psicologica per lo spettatore, ma si palese come forza violenta e incontenibile, ineluttabilmente destinata a fare scempio delle sue vittime. 
Da questo punto di vista il lavoro di make up della produzione, pur con i pochi mezzi a disposizione, tratteggia delle figure e delle immagini talmente orripilanti da infestare il pensiero ben oltre i titoli di coda. Qualcosa che, senza svelare troppo, supera di gran lunga l'effetto di "The Ring". 
Il film, a visione ultimata, lascia intatto un alone di mistero sugli eventi scatenanti. 
L'intuizione geniale di Bianchini è quella di svelare la verità tramite pochi flashback, ma lasciando la spiegazione dell'origine del male al racconto di due anziani friulani. 
Peccato però che tale narrazione avvenga nel loro dialetto incomprensibile. 
La soluzione è lì a portata di mano, ma non possiamo comprenderla. 
Probabilmente, ciò che fa leggermente scricchiolare questa piccola gemma è un finale un po' troppo stroppiante, che smorza leggermente l'idea di una minaccia che si concretizzi nei momenti di solitudine: una forzatura inutile per la trama e controproducente. 
A parte questo, più di una persona, dopo la visione del film, sarà costretta a dormire con la luce accesa, infilandosi velocemente sotto le coperte per evitare di essere afferrata da sotto il letto da una mano tozza e rugosa, deturpata e insanguinata, pronta a stringersi con rabbia animalesca sulla sua vittima.
Fatelo ad Hollywood un film così!

Habemus Judicium:
Bob Harris

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