"E' Contador!" direbbe Auro Burbarelli. E, in effetti, questo 94° Giro d'Italia è stato un lungo monologo del ciclista spagnolo.
Sono due gli elementi che colpiscono dell'impresa del ciclista madrileno: il distacco di oltre 6 minuti dal secondo nella classifica generale, Michele Scarponi, e soprattutto il fatto che tale divario sia maturato attraverso tappe disumane. Zoncolan, Giau, Colle delle Finestre, Sestriere, Etna, Grossglockner e Gardeccia sono state le location da brivido dell'impresa del Titano Alberto.
Mai in difficoltà, sempre in attacco, un Contador così non lo abbiamo mai visto. Dopo aver vinto 3 Tour de France, 1 Giro a forza di abbuoni, rapide fiammate e prove a cronometro mostruose, il tutto sempre con distacchi minimi, quest'anno abbiamo assistito a una rincorsa epica alla maglia rosa.
Fin da quei 50 secondi guadagnati sull'Etna nei confronti di Nibali si capiva quale sarebbe stato l'epilogo della corsa.
Le tappe successive di montagna (in tutto 7 arrivi) non hanno fatto altro che rafforzare il divario. La crono poi è stato l'epitaffio sulle velleità presenti e future dei rivali di Contador. E qui vorrei soffermarmi: comincio con l'escludere dal lotto dei pretendenti Roman Kreuziger e Denis Menchov (per non parlare degli anonimi e remissivi Joaquim Purito Rodriguez e Carlos Sastre): il primo è acerbo, ma il ragazzo si farà, è talentuoso e sfacciato e, nei prossimi anni, potrà dire la sua; Menchov è corridore alla Di Luca (sempre che vogliamo considerare corridore importante un atleta condannato a due anni di squalifica per uso di CERA, dopo averne scontati tre a seguito della condanna seguente all'inchiesta Oil for Drugs): è lì nel gruppo dei migliori, fra gli ultimi ad arrendersi al fenomeno di turno e può capitargli di vincere una grande corsa a tappe, sfruttando magari l'assenza della concorrenza con la C maiuscola.
Rimangono Scarponi e Nibali.
Il marchigiano dal passato torbido, squalificato per due anni dopo aver ammesso di aver avuto legami con Fuentes nell'inchiesta che porterà alla squalifica di alcuni fra i più grandi corridori dell'epoca dei fatti (Basso e Ulrich), va per i trentadue anni. Per quanto ciò non significhi che non potrà togliersi qualche soddisfazione, anche vincendo una delle tre grandi corse a tappe, rimane un corridore della stessa specie di Menchov e Di Luca. Le sue fortune dipenderanno dal livello dei rivali e, se saprà sfruttare l'occasione di assenze illustri, potrà arricchire il palmarès. Il tempo gli è tiranno, avrà 3 o 4 anni al massimo di grande livello. Sempre che non lo becchino prima carico come una sveglia.
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Vincenzo Nibali |
Nibali è la croce e la delizia del ciclismo nostrano: è il tipico ciclista moderno, forte in tutto, salita, crono, discreto passista e superlativo in discesa. Purtroppo, però, non è in grado di fare la differenza in salita, mostrando, anzi, di essere predisposto ad andare in crisi alla lunga.
Doveva essere il suo giro, ma è ampiamente rimandato. Nessuno pretende che Lo Squalo dovesse battersela con il titano Contador, ma se l'anno scorso tenne dietro Scarponi, non si capisce perché quest'anno abbia dovuto prendere la paga da lui. I suoi tentativi di attacco hanno solo avuto un effetto boomerang: se, da un lato, hanno esaltato il suo coraggio e la sua voglia di lottare, dall'altra lo hanno esposto ad attacchi e crisi psico-fisiche. Il rischio è che un talento puro del ciclismo italiano rimanga una promessa. Vedremo.
Ma il Giro di quest'anno è stato anche il giro delle polemiche.
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Alejandro Valverde |
Comincio dalla più sterile: la cancellazione della discesa del Crostis. E' un peccato ed è una vergogna. La pressione di alcuni team ha spinto l'UCI a prendere una decisione ridicola, tanto nelle motivazioni (20 km senza ammiraglie,sic.) quanto nella tempistica, dato che è stata presa la sera prima del percorso. Alla faccia di tutti coloro che hanno lavorato per rendere sicura la discesa.
Senza contare poi che squadre e ciclisti sapevano già da mesi il percorso del giro e, per quanto disinteressati, dovevano rimanere coerenti con l'accettazione che avevano fatto.
Altre polemiche minori riguardano l'antisportività dei corridori spagnoli, che chiaramente hanno favorito Contador nei momenti più difficili.
Perciò quasi quasi si meritano che l'organizzazione del Giro, al momento della premiazione di Contador, abbia suonato, toppando clamorosamente, l'inno franchista, suscitando sdegno da parte del popolo iberico. Poveri piccini. Così onesti e umili, sportivi e obiettivi. La Federparacula Spagnola (penso si chiami proprio così) ha dimostrato di essere molto propensa a coprire i suoi corridori con leggi permissive, in tutti gli sport.
Vi ricordate Fuentes di cui ho parlato sopra? Figuriamoci se gli spagnoli accettavano di condannare corridori evidentemente coinvolti come Alejandro Valverde e lo stesso Contador. Ci voleva la procura del Coni a sollecitare, dopo anni, un intervento dell' UCI su quel mascalzone, eterno perdente, di Valverde.
E ci voleva il caso clenbuterolo scoppiato durante il Tour del 2010 per rendere vulnerabile, davanti alla giustizia del Tas, quel furbacchione di Alberto. Ma di certo non è colpa sua se ha mangiato una fettina di carne contaminata...no? Mi sa che gli tocca diventare vegetariano
Di sicuro c'è che le prestazioni dello spagnolo sono disumane.
Quando Riccò scattò in faccia agli avversari nel Tour del 2008 si gridò allo scandalo e dal gruppo volarono accuse pesanti, rivelatesi poi fondate. Ma sulla base di cosa? Di un'impresa sovrumana?Sovrumana come quelle di Contador? E perché il gruppo non lo accusa allo stesso modo?
Lungi da me, che ho a che fare quotidianamente con la legge, il voler emettere sentenze premature. Il dubbio però rimane e se due indizi fanno una prova.
Di sicuro c'è che Contador è abile nel tessere alleanze ed è stimato e rispettato dal gruppo dei corridori. In più ci pensa il peso politico della Federazione Spagnola. Queste sono solo insinuazioni, ma sono legittimate da episodi che hanno dell'assurdo e minano la credibilità di questo sport, già parecchio sotto accusa.
Bob Harris